Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Allarme degli esperti: a rischio anche i polpi «Finiranno in 3 anni» Campagna social

Fonte: L'Unione Sarda
19 novembre 2018

Allarme degli esperti: a rischio anche i polpi «Finiranno in 3 anni»
Campagna social
per salvare i ricci Ogni anno i sardi ne consumano 32 milioni
Nasce l'iniziativa #nessunricciosulpiatto 

Detta così rende l'idea: i sardi (soprattutto) e i turisti (un po' meno) ogni anno si mangiano 32 milioni di ricci pescati nell'Isola. Un chilo e cento a testa, al netto dei prodotti confezionati acquistati in negozio e provenienti dall'esterno. La stima è contenuta in un lavoro del dipartimento di Biologia animale ed ecologia dell'università di
Cagliari e aiuta a capire perché, come certifica ogni studio prodotto negli ultimi dieci anni, rischiamo entro tre anni di perdere per sempre un prodotto amato dai consumatori e di annientare l'economia nata e cresciuta dalla metà degli anni '90 attorno al suo consumo.
Le misure di tutela
Ecco perché da qualche anno la Regione ha deciso di limitarne e regolamentarne la pesca e il consumo: ha stabilito il periodo in cui si possono pescare, quanti ne possono raccogliere i professionisti (massimo 2000 al giorno), quanti i cittadini (50 al giorno per uso personale) e ha stabilito le sanzioni (dalla sospensione al ritiro della licenza di pesca) per chi non rispetta le regole. Ma siccome pescarli è facilissimo per chiunque e controllare duemila chilometri di costa è praticamente impossibile, combattere l'abusivismo è una battaglia impari. Ecco perché i ricci stanno per finire per sempre.
«Non mangiate ricci»
Ed ecco perché ogni anno nascono iniziative per sensibilizzare i sardi a non mangiarne sottraendo i guadagni a chi non rispetta le regole distruggendo la biodiversità. L'ultima si chiama “Nessun riccio nel piatto” ed è stata promossa sui social dall'associazione “Qui etica”. «Per ora è una piccola mobilitazione ma il nostro sogno è trovare una soluzione al problema», spiega Manuela Maninchedda, una delle fondatrici. «Stiamo cercando di coinvolgere università, pescatori, Regione, e tutti coloro che hanno qualche competenza in materia. Per ora hanno aderito in tanti, compresi molti ristoratori che nonostante vogliano restare nell'ombra ci invitano ad andare avanti».
Polpi a rischio
Del resto il problema non è solo la fine dei ricci. Ma anche lo stravolgimento della biodiversità. I polpi, per dire, si nutrono di ricci e senza alimenti verrebbero decimati. Alessio Satta, ingegnere ambientale, presidente della Mediterranean Sea and Coast foundation, lavora da anni anche su questo versante. «Anni fa realizzammo progetti sperimentali di ripopolamento a Capo pecora e Buggerru assieme all'università di Cagliari e in accordo con i pescatori locali. Funzionò per un po' sino a quando pescatori in trasferta iniziarono a saccheggiare e si portarono via i ricci che stavano crescendo. Ora la fondazione lavora a un nuovo progetto nel golfo di Oristano che coinvolge undici comuni, da Terralba a San Vero Milis: proveremo a replicare quelle iniziative-pilota per impedire che entro due-tre anni si arrivi al collasso. Il problema», aggiunge Satta, «è che quella del riccio è un'economia di sussistenza difficile da monitorare. In ogni caso occorre aumentare i controlli, attivare progetti di acquacoltura, ridurre la domanda e lavorare perché il riccio diventi un prodotto di lusso, come la bottarga». Più probabile, se non si inverte la tendenza, che diventi come il tartufo. Raro e carissimo.
Fabio Manca