Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Dieci e lode

Fonte: L'Unione Sarda
30 luglio 2009

 


Nella foto del suo sito ufficiale è uno splendido Romeo: in linea con la sua convinzione che tutto parta da lì. «Io credo che una base classica sia fondamentale per poter affrontare Béjart e Petit, Forsythe e Killian, o Christopher Walken». Per questo, nel Gala che da cinque anni porta in giro, sempre diverso nella scelta dei compagni e nel programma, regala al pubblico una serie di pezzi della tradizione per poi passare al moderno e al contemporaneo. Giuseppe Picone, così napoletano nella simpatia e nella carica d'umanità, così internazionale nella visione del mondo, sarà sabato alle 21 sul palco del Teatro Lirico di Cagliari, per un Gala che lo vedrà protagonista con altri “Grandi della danza”.
Al telefono da Roma, dove è stato appena raggiunto dalla collega americana Sterlin Hyltin («porterà la mamma in vacanza a Cagliari per cinque giorni, un dono di compleanno!») racconta di questo Gala cresciuto negli anni. Da Caserta a Bologna, Savona, Asti, Cagliari. «Un invito fantastico. È la prima volta che il mio Gala fa parte della programmazione di una stagione lirica. Ne sono felice».
E gli è particolarmente caro quello Spettro della rosa che è un omaggio al grande Nijinkij. Un ruolo che ha messo a dura prova nomi come Nureyev e Baryshnikov. «Ho debuttato nel 2002 al Balletto di Cuba, chiamato da Alice Alonso. È fantastico. Molti mi chiedono: perché lo fai? Ma se non lo faccio adesso che sono all'apice, quando lo posso fare? Quando evocherei altri spettri?».
I gala servono ad avvicinare alla danza gli spettatori?
«Credo proprio di sì, diventano una festa per gli occhi e un bel richiamo».
L'ha aiutata essere napoletano?
«Un po' di simpatia ci vuole, io ho un carattere introverso, sono cresciuto all'estero, ma la verve è quella..».
Con la danza ha bruciato le tappe.
«A 12 con Carla Fracci ed Ekaterina Maximova ho fatto il giovane Njijnkij, a 16 Pier Lacotte mi ha portato a Nancy: io non sapevo allora che aveva diretto l'Opera di Parigi! Un inizio brucia carriera.. E poi Londra, New York, l'American Ballet Theatre. A 25 anni ero free lance con un contratto di étoile ospite all'Opera di Vienna, in Italia ho ballato nei migliori teatri e ora finalmente vengo qui. Ma questa non è la mia prima volta a Cagliari».
Ci venne una decina d'anni fa, invitato dal Balletto di Cagliari di Lelle Serra e Maria Plaisant..
«Sì, ero piccolissimo. La prima volta nel '97 ballai con Beatrice Carbone, la seconda nel'98 portai dall'ABT Susan Jaffe..».
Invidia?
«Come in tutti i mestieri. A volte ci resti male, altre ci passi su. Dopo 20 anni di carriera è inutile. La nostra vita è fatta di lavoro, il resto non conta».
I complimenti per la sua prestanza fisica le danno fastidio?
«Se fosse solo quello sì, ma ringrazio il Signore che questo complimento arrivi alla fine di tanti altri».
Lei ha esordito ragazzino ma la popolarità è arrivata tardi...
«Naturalmente ero conosciuto negli ambienti della danza ma il boom è stata la diretta da Sanremo, lo scorso febbraio. E quel giorno compivo 33 anni! Io in tutti questi anni ho tenuto la testa bassa e ho lavorato. Ma Kledi di “Amici” tra il grande pubblico, è più noto di me!».
Le compagnie europee accolgono bravissimi ballerini italiani, sarebbe bello riunirli in patria...
«È il mio sogno! Essendo cresciuto all'estero ho un modo diverso di vedere la danza. Abbiamo grandi talenti, ma occorre cambiare leggi e mentalità, dare maggiori garanzie ed essere più severi, abbassare l'età pensionabile (noi in quindici anni ci ammazziamo il corpo).
Come sta la danza?
«Beh, o si cambia o si chiude. Bologna, Trieste, Genova, La Fenice hanno già chiuso i loro corpi di ballo, un peccato mortale. Se non stiamo attenti chiudono anche Firenze, Palermo, Verona e restano solo l'Opera e la Scala. E dire che abbiamo una storia che fa invidia a tutti».
Ha detto molti no?
«Ma anche molti sì. Bisogna essere più elastici, altrimenti ci si rinchiude in una nicchia. La danza è diversa rispetto a vent'anni fa, se oggi ti propongono un assolo su Raiuno è sì».
Un ruolo che sogna?
«Una creazione tutta per me, magari ispirata a un libro, a una suggestione».
La fortuna conta?
«Conta tutto: la fortuna, il momento giusto, il saper aspettare, la disciplina, il sapersi porre, il rispetto nei confronti degli altri e del futuro».
Perché scegliere Giuseppe Picone?
«Perché si è fatto da solo, è arrivato dove è arrivato lavorando senza appoggi politici e compromessi. Può piacere o meno, ma è onesto e ha una passione per la danza fortissima».
MARIA PAOLA MASALA

30/07/2009