Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quelli che vivono nelle tombe della necropoli Senza luce né acqua alcune famiglie occupano anche le

Fonte: L'Unione Sarda
2 novembre 2018

TUVIXEDDU.

In vico II Sant'Avendrace tra i rifiuti il rudere della villa liberty rifugio di sbandati e tossicodipendenti Quelli che vivono nelle tombe della necropoli Senza luce né acqua alcune famiglie occupano anche le abitazioni della vecchia cementeria

Una scalinata separa il mondo civile dall'inferno. Vico II Sant'Avendrace, 80 gradini disseminati di cocci di vetro, siringhe, escrementi umani e cartacce. In cima una transenna e alcune cassette della posta stracolme di depliant pubblicitari. Un cancello di ferro grigio sempre chiuso delimita il parco. A sinistra l'hotel disperazione. Quelle che un tempo erano le case degli operai della cementeria ciclicamente vengono occupate dai disperati in attesa di una casa comunale. Tre famiglie vivono in spazi tenuti, per quanto possibile, in modo dignitoso. Un sentiero avvolto dall'erba fresca ed ecco le macerie di quella che un tempo era una ricca villa liberty.
Il rudere dei disperati
I tre piani sono stati completamente razziati. Testimonianza del passato lussuoso, porzioni di pavimento a mosaico e quello che resta di alcuni affreschi. La leggenda narra che le tombe e le cisterne romane, sui quali poggiavano le mura dell'abitazione, erano utilizzate come dependance per far ballare i rampolli di famiglia e gli amici. Quei preziosi reperti archeologici ora hanno fatto una fine ingloriosa: discarica di rifiuti di ogni genere.
Le lingue nere sono il segno di un falò acceso di recente. Una robusta grata separa l'ambiente usato come gabinetto. I tetti sono crollati, tutt'intorno siringhe, bottiglie di vino vuote, ma tappate, escrementi e batterie d'auto. In una stanza al primo piano con vista su palazzoni e necropoli un materasso lurido, una scatola di cartone come comodino, scarpe, una borsa frigo, padelle e un fornello rudimentale. «Qui ci vive un disperato», racconta Franco Rachel, uno dei promotori del mercatino di viale Trento e punto di riferimento del quartiere. «Di notte è il ritrovo di molti giovani che si drogano e si ubriacano e qui si addormentano in attesa che gli effetti della sbronza passino. Le tombe e le cisterne vengono murate, ma dopo poco tempo ridiventano il rifugio dei disperati». Eppure la zona avrebbe un potenziale enorme se solo ci fosse la buona volontà di valorizzarla. «L'area è alla mercé dei tombaroli. Vedete - dice Rachel indicando due buche profonde poco più di un metro - quelle tombe sono state depredate recentemente, i segni degli scavi sono un segnale inequivocabile. Questa è terra di nessuno».
Case del degrado
Se il rudere della villa liberty è un tetto occasionale per molti disperati, le tre casette un tempo utilizzate dagli operai della cementeria. Una recinzione improvvisata, con reti metalliche e lastre di metallo, protegge giardinetti che sembrano ben curati. «Qui da anni vivono alcune famiglie», spiega Anna Puddu, presidente della commissione comunale lavori pubblici e componente della commissione delle Politiche sociali. «Le condizioni sono da terzo mondo. Non hanno né acqua né luce. Ci piove dentro. Un dramma, tra loro un uomo con la broncopolmonite e un disabile psichico di 40 anni. Sta qui da circa dieci anni e riesce a sopravvivere grazie a una piccola pensione di invalidità». Situazioni al limite alle quali non si riesce a porre rimedio. C'è anche Sergio, il custode di Villa Laura, che attende l'assegnazione di una casa di via Timavo sequestrata dal giudice perché ritenuta la centrale dello spaccio di droga. «Sono tutti disoccupati, si arrangiano come possono. Quando la salute glielo permette, eseguono piccoli lavoretti per racimolare un po' di soldi. Purtroppo abbiamo cercato in tutti i modi di risolvere la situazione, ma senza successo. La soluzione ottimale, anche se provvisoria, sarebbe stata un trasferimento nella casa albergo di via Tiepolo, che però non ha un posto letto a disposizione». Anna Puddu fa autocritica: «Ci scontriamo con una realtà davvero dura: molte emergenze abitative non vengono risolte».
Andrea Artizzu