Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Opere pubbliche lumaca, i lavori durano 10 anni

Fonte: L'Unione Sarda
6 settembre 2018

Tempi biblici nelle fasi pre-gara. Gli edili: il cancro è la burocrazia

Opere pubbliche lumaca,i lavori durano 10 anni

Alla fine dei conti il peso più gravoso è quello dei tempi morti. Timbri, carte bollate, autorizzazioni, infinite conferenze di servizi con dieci, venti, trenta enti seduti al tavolo. Sicché, se per veder fatta un'opera pubblica medio-grande in Sardegna ci vogliono (in media) 10 anni, va detto che il grosso del tempo non riguarda i lavori bensì i passaggi burocratici, le fasi della progettazione e dell'affidamento che incidono tra il 50 e il 70% sui ritardi di consegna, il che significa dai cinque ai sette anni. Un pantano di timbri e ritardi che nell'Isola vale anche per le opere piccole: su una media di 4 anni e mezzo, la fase di progettazione divora ben due anni e sei mesi, mentre quella di affidamento (sino all'aggiudicazione della gara) dura non meno di 180 giorni. Tre anni tondi.
OTTANTASEI INCOMPIUTE Sono i dati («molto ottimistici», dicono le associazioni dei costruttori edili) dell'ultimo rapporto sui tempi di attuazione delle opere pubbliche stilato dal Nuvec, il nucleo di verifica e controllo della Presidenza del Consiglio che colloca la Sardegna in linea con le regioni meridionali. Dati che ovviamente si incrociano con quelli delle incompiute, 86 nell'Isola (secondo la banca dati del ministero delle Infrastrutture), una piaga che finora ha ingoiato 300 milioni di euro, col grosso dei cantieri lasciati a metà e addirittura abbandonati all'inizio. Dighe, strade, palazzetti dello sport, padiglioni ospedalieri, serbatoi idraulici. Cantieri a pezzi ormai da anni, opere mai finite e che, per la maggior parte, probabilmente non verranno mai inaugurate. «Quando passano tanti anni prima di veder realizzata un'opera pubblica viene il sospetto che fin dal principio non fosse davvero di pubblica utilità». Pierpaolo Tilocca è il presidente regionale dell'Ance, l'associazione nazionale dei costruttori edili che denuncia da tempo la morsa asfissiante della burocrazia. «È la vera causa del disastro dei lavori pubblici in Italia: un freno che resiste soprattutto nella fasi pre-gara: abbiamo casi di opere bloccate da dieci anni».
CODICE APPALTI Una burocrazia, spiega, «sempre più lenta a causa dell'incertezza normativa e della paura che attanaglia chiunque si addentri nella procedura amministrativa di un appalto pubblico, dalla progettazione alla gara d'appalto. Quando si arriva al cantiere il progetto è già vecchio». Ci ha messo del suo il nuovo codice degli appalti che, introducendo tra l'altro la doppia gara (una per la progettazione, l'altra per l'esecuzione), ha di fatto impallato il sistema. E la legge regionale? «Alcune semplificazioni hanno alleggerito qualche fase, ma il problema - sottolinea Tilocca - è che la macchina è ingessata: entri in un Comune per una firma e i funzionari scappano. Come Ance nel 2015 suggerimmo al presidente Pigliaru di farsi nominare commissario per l'approvazione delle procedure ante-gara. Era già stato fatto nel 2003 per l'emergenza idrica e si era riusciti a spendere risorse ingenti per le infrastrutture. Adesso però questo coraggio è mancato».
I COMUNI ARRANCANO I tempi morti si dilatano, avvisa Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato edilizia, anche nel settore privato. E qui il pantano è tutto dentro i Comuni. «È vero che il Suap (lo sportello unico per le imprese, ndr ) ha alleggerito le procedure, ma i tempi dell'ente sulle verifiche restano lunghissimi. Basti pensare che per avere documenti come la verifica dei requisiti acustici o dei consumi energetici passano anche 18 mesi quando i tempi di risposta dovrebbero essere di massimo 60 giorni».
SOLDI NON SPESI Francesco Porcu, segretario di Cna, osserva che «la pubblica amministrazione ha perso la capacità di programmazione. Insomma, basti pensare allo smantellamento del Genio civile: le competenze si sono impoverite e la filiera progettuale della macchina pubblica è stata svilita». A questo, «si aggiunge la scarsa capacità di spesa con la conseguenza di una mole di risorse pubbliche ferme». Solo dei fondi strutturali europei (programmazione 2014-2020) per il settore delle costruzioni - 347 milioni sul totale di 1.376 assegnati alla Sardegna - la Regione ha speso giusto il 6,7%. Un'inezia.
L'ASSESSORE Il codice degli appalti, dice l'assessore ai lavori pubblici Edoardo Balzarini, «ha complicato notevolmente le procedure a causa di forme di garantismo sempre più spinte che richiedono tempi lunghi». La metà del tempo, conferma, «si perde nella progettazione e nell'acquisizione di pareri. Servirebbe un'autorizzazione unica per tutte le procedure sia di tipo ambientale che paesaggistico che procedurale. Almeno per le opere strategiche». E siccome, «la gran parte dei lavori si appalta negli enti locali, Province e Comuni, è necessario rinforzarne gli uffici tecnici ridotti all'osso».
Piera Serusi