Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

MARINA CAFÈ NOIR/2.

Fonte: L'Unione Sarda
21 giugno 2018

 

Parla il narratore olandese, reporter nelle zone calde del mondo Westerman: «Contro il terrorismo, la spada è la parola» VEDI LA FOTO « I l terrorismo si può contrastare col dialogo?» È il quesito da cui muove “I soldati delle parole” (Iperborea), libro di Frank Westerman che indaga i segreti della mediazione. Lo scrittore olandese, reporter nelle zone calde del mondo, autore tra i tanti titoli de “L'enigma del lago rosso” e “Ararat”, sarà oggi (ore 20, piazza San Domenico) al Marina Cafè Noir. Presenta Andrea Staid.
Quando la domanda che origina la scrittura si è fatta urgente?
«È accaduto in coincidenza con la strage di Charlie Hebdo. Quella stessa sera (i terroristi erano ancora liberi), scrivevo. Vicino a me c'era mia figlia, allora dodicenne. Nel libro metto a fuoco il momento in cui, come padre, volevo dimostrare che la penna è più potente della spada. Eppure, ero in dubbio. Lo credevo davvero?»
A quali esperienze ha attinto per cercare risposta?
«Ne ho ripercorso tante, a iniziare da quella vissuta da ragazzino. Negli anni '70 in Olanda ci sono stati cinque atti terroristici con prese di ostaggi, incluso il dirottamento di un treno, originati nella scuola protestante in cui studiavo (un insegnante e due studenti hanno partecipato come rapitori e infine come assassini). Ho così contrapposto la risposta del governo olandese, approccio morbido che preferì l'invio degli psichiatri a quello dei militari, definito Dutch approach , a quella russa di Putin. Come corrispondente da Mosca ho assistito alla spietata guerra al terrorismo ceceno condotta dal Cremlino, culminata nella strage del teatro Dubrovka di Mosca e della scuola di Beslan».
Rinunciare quindi all'uso della forza e negoziare con le parole?
«Ad Amsterdam la polizia sorveglia costantemente il Museo di storia ebraica. Ritengo ciò necessario. Ma la spada non può fare a meno della parola. Rinunciando al principio, si rischia di agire come Putin in Russia dove dibattito e dialogo sono visti come pericolose debolezze».
Si ritiene che ormai i giornalisti raccontino le guerre dalle redazioni, senza farsene testimoni diretti. Concorda?
«Paragono il giornalista a un minatore di fatti, combustibile grezzo su cui impostare il dibattito. Nel 2000 in Cecenia e più di recente in Siria, questo materiale è diventato tanto scarso da cedere il passo alle opinioni. Conseguenza che può essere pericolosa, quanto il terrorismo».
In Italia ricorre il 40ennale dell'omicidio di Aldo Moro. Tanti hanno disapprovato la restituzione della parola ai Brigatisti responsabili della violenza. Cosa pensa?
«Nel mio libro parlo a lungo con un ex dirottatore di treni condannato per tre omicidi, due dei quali di passeggeri innocenti. Ha trascorso oltre 10 anni in prigione e qui ha scritto quattro volumi di poesie. Volevo sapere da lui come avesse vissuto i due estremi: combattere con le armi e combattere con le parole».
Manuela Arca