Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Noi, figli del '900, abbiamo un cuore

Fonte: L'Unione Sarda
4 giugno 2018

Giampiero Mughini sarà venerdì a Cagliari

 

 

L a top ten degli autori, esclusivamente novecenteschi che il giornalista, opinionista televisivo e scrittore Giampiero Mughini - ospite venerdì a Cagliari del festival “Leggendo Metropolitano”, ai Giardini Pubblici, alle 19 -, ha selezionato come “La biblioteca ideale di un figlio del Novecento”, è insolita, originale e indicativa dei gusti del suo fruitore principale.
Nell'elenco non troverete romanzi e romanzetti a parte un giallista come Scerbanenco, padre del noir italiano, ma testi poco conosciuti al giorno d'oggi, saggi d'una potenziale risorsa intellettiva, e rispetto e pignolesca passione verso autori che rispondono al nome di Prezzolini, Gramsci, Rosselli, Fortini, Burri, Sottsass, Svevo, Primo Levi, Montale e Campana (dei quali possiede copia della prima edizione di “Canti Orfici” del 1914 e “Ossi di seppia” del 1925). A Moravia di cui detiene una delle mille copie non numerate de “Gli indifferenti” (1929) affianca Malaparte, Fenoglio, e un libro intitolato “Filosofi in libertà” firmato Dedalus, pseudonimo di un ventiseienne Umberto Eco. Una formidabile cavalleria che Mughini contrappone all'avanzata della cultura digitale, pensando con amorosi intenti: “Che profumi quei libri” (Bompiani, 176 pp. + 32 tavole, 17 euro). E spiega com'è fatta “La biblioteca ideale di un figlio del Novecento”.
«Pensavo che per essere palpitante doveva essere una scelta non banale; non mettere dieci o venti autori, i più conosciuti e frequentati come fanno i giornali e i mass media in genere che quando parlano dei libri l'80 per cento del tempo o dello spazio lo dedicano a scrittori di diverso valore come Camilleri, la Ferrante o Saviano, perché i giornali cercano di andare incontro alle scelte che fa il grande pubblico. Io, del grande pubblico me ne disinteresso, perciò ho optato per dei libri che per me sono rilevanti, anche se per tutta la durata della loro vita hanno venduto poche copie: ma per me, hanno il sapore e l'importanza della storia della cultura italiana».
Ma che cosa motiva veramente la sua classifica?
«Questo libro pregnante è un tentativo di fare una storia della cultura italiana e una sorta di autobiografia intellettuale, culturale e sentimentale del sottoscritto, attraverso un certo numero di libri. Molti degli autori selezionati sono noti e ancora letti, ma di altri si sono perse completamente le tracce, non so se per colpa degli editori che non li ristampano più. Sicuramente è colpevole il clima generale della nostra comunicazione mass mediatica in cui a volgersi all'indietro si arriva solo all'ultima puntata di “Porta a Porta”: la comunicazione si è spaventosamente impoverita anche perché i giornali corrono dietro al sentimento e all'ignoranza comune».
La sua biblioteca ideale non contiene solo libri, ma anche riviste, cataloghi d'arte, fumetti: un piano generale della cultura novecentesca?
«Certo: un piano generale perché la cultura è un tutt'uno. C'è la letteratura, l'arte, la fotografia (il cinema non è rappresentato ma ci sarebbe stato benissimo) il design».
Come giustifica la presenza di Scerbanenco nella sua biblioteca ideale?
«Cinquanta o sessant'anni fa, il format del romanzo poliziesco non esisteva. In altri paesi invece, in America come in Francia, esisteva e come. Ma il romanzo poliziesco che oggi riempie le metà delle vetrine delle librerie (oggi in Italia ci saranno una trentina di scrittori eccellenti che adoperano il format del romanzo poliziesco, giallo o noir), ma chi per primo da noi ha sdoganato questo format è Scerbanenco. Siccome, leggevo Scerbanenco sui giornali femminili che comprava mia madre, ho voluto restituire a questo eccellente scrittore l'onore della citazione. La quadrilogia del personaggio Duca Lamberti è un successo che continua e che Sellerio pubblica ancora oggi con ottimi risultati. Penso invece che in qualsiasi biblioteca non dovrebbe mancare Pirandello, romanzi o opere di teatro, ma anche un libro in cui si parla di Burri, grandissimo pittore italiano degli anni cinquanta, uno dei grandissimi del suo tempo; così come non dovrebbe mancare un omaggio a un maestro del design italiano come Ettore Sottass, un uomo di una ricchezza creativa unica».
La comunicazione moderna che lei definisce «gretta e volgare», come ci danneggia?
«Che il 50 per cento degli elettori italiani si divida fra due populismi (Cinquestelle e Lega), e una parte rilevante dei giovani dedichi quattro o cinque ore al giorno al telefonino e alle sue risorse, non sono cose piacevoli. Il fatto che qualsiasi giornale parlando di Tizio o di Caio usi come connotato il numero di follower che ha sui social, invece è tragico. Leopardi oggi quanti follower avrebbe?».
Quanta fatica fanno i libri a sopravvivere nel mondo digitale dominante?
«Parecchia. Il mio libro, è per palati sopraffini, ma il punto virale è che nelle valutazioni correnti siano ritenuti libri importanti quelli che vendono di più. Questa è una distorsione. Se avessero adoperato questi canoni ai tempi di Pascoli, lui non sarebbe mai stato in classifica. E un'autrice come Carla Lonzi che è la madre del femminismo italiano più coraggioso e creativo, nessuno la ricorda più. Questo libro cerca di aggiustare i calendari della memoria».
Francesco Mannoni