Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Teatro

Fonte: L'Unione Sarda
23 maggio 2018

 

Le opere di Hindemith e Mascagni a Cagliari per la regia di Gianfranco Cabiddu Lirico, Sancta e Santuzza:
amor sacro e amor profano 

 

 

N eppure venticinque minuti di emozioni forti, grande apprezzamento e altrettanto sconcerto per Paul Hindemith e la sua Sancta Susanna. E poi Mascagni, con Cavalleria Rusticana. Due opere, scritte da compositori ventisettenni, assai lontane, separate nel cartellone del Lirico di Cagliari da venti minuti d'intervallo che rappresentano un mondo, e unite dagli applausi che alla prima di venerdì scorso hanno accolto, con tutti i protagonisti, il regista Gianfranco Cabiddu.
È lui, premio David di Donatello e Golden Globe per “La stoffa dei sogni”, a firmare questo originale dittico, in cartellone sino a domenica con due valenti compagnie di canto, che accosta espressionismo tedesco e realismo musicale. Perturbante, scabrosa, breve come una fucilata la vicenda di Sancta Susanna (Tanja Kuhn). Nazional-popolare quella di Santuzza e Turiddu (Tiziana Caruso e Marcello Giordani). Sul podio Marco Angius, particolarmente felice nel repertorio moderno. Maestro del coro Donato Sivo.
A evidenziare differenze ma anche punti di contatto, è il regista cagliaritano, agli esordi in un'opera lirica, ma non digiuno di musica. Uguale l'impianto delle due rappresentazioni (scene di Benito Leonori, luci di Vincenzo Carpineta), opposto il clima. Le brume di un convento del Nord Europa per l'opera giovanile del compositore tedesco (un'estasi mistica che è spirito e corpo all'estrema potenza), le luci del nostro Sud per il capolavoro d'esordio del livornese: ambientato in Sicilia nella novella di Verga, in Sardegna nella lettura di Cabiddu.
È un villaggio minerario ad accogliere il dramma della gelosia di Santuzza, angoscia e disonore, vendetta e pentimento. Sancta e Santuzza: fiori di lilla e di giaggiolo, desideri irrevocabili e pericolose ossessioni. Il sacro che ritorna nella figura di Cristo (che però non risorge) nelle processioni, nel Regina Coeli di entrambe le opere. E il profano, il peccato, che nella piccola suora ha il nome di Satana, e nella ragazza tradita è l'augurio di mala Pasqua all'amante traditore.
Di grande impatto visivo il gigantesco ragno nero (Carlotta Zamuner, acrobata aerea, su coreografia di Luigia Frattaroli), che cattura l'intera scena con la sua ragnatela, a raffigurare la dannazione di Susanna. Emozionanti quelle immagini in bianco e nero di Cavalleria che accompagnano il preludio, e commemorano - in un video dell'Istituto Luce curato da Mario Spinaci - i soldati della prima guerra mondiale. Una licenza poetica, che sposta l'azione dal 1890 al 1918, una celebrazione del centenario della fine del conflitto. Ma anche un omaggio a un universo molto caro a Cabiddu, che alla fatica dei minatori dedica lo splendido Intermezzo, e di questa opera così cinematografica sogna ora di fare un film.
Centottanta i bellissimi costumi disegnati da Marco Nateri e creati dalla sartoria del Lirico. Tutti dai colori spenti. Con un'eccezione, il trionfo cromatico che caratterizza Lola e le sue amiche: la forza delle donne, la passione che vince su tutto. È della giovane attrice teatrale cagliaritana Roberta Crivelli, alter ego di Lola, quell'urlo “Hanno ammazzato compare Turiddu” che di solito spegne le luci sul dramma. Nella scelta del regista, l'ucciso, portato a braccia dagli amici, ritorna in scena, a formare con mamma Lucia un'emozionante Pietà. Sullo sfondo, il colore delle donne libere fa da contrasto al velo nero che cala sul volto di Santuzza. Anche lei murata viva. Come Susanna. Una per espiare, l'altra per trovare, nella dannazione eterna, il compimento della sua estasi.
Maria Paola Masala