Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quello che resta di Tuvixeddu

Fonte: L'Unione Sarda
11 aprile 2018

Soprintendenza, Regione e Comune devono decidere insieme le fasce di tutela

 

Diciotto anni fa la firma per la riqualificazione ambientale 

 

 

 

Tra cinque mesi l'Accordo di programma per Tuvixeddu sarà maggiorenne. A diciotto anni dalla firma in via Is Maglias sono stati costruiti solo due palazzi, in via Castelli resta l'incompiuta del tunnel per la strada verso via Falzarego, una parte del parco archeologico della necropoli ha preso forma negli ultimi anni e su tutto svetta il rudere abbandonato di Villa Mulas.
LA FIRMA Era il 15 settembre del 2000 quando Regione, Comune, Coimpresa, Edilstrutture e i privati Sotgiu e Mulas avevano firmato il “progetto di riqualificazione urbana e ambientale dei Colli di Sant'Avendrace”. Dopo i primi interventi realizzati dalla famiglia Cualbu, nell'estate 2006 era arrivato lo stop della Regione. Ora il nuovo colpo di scena. Per trovare un accordo si era arrivati a un lodo arbitrale che aveva dato ragione all'impresa imponendo alla Regione di pagare 77,8 milioni di euro a Coimpresa che nel 2014 sono diventati 83 milioni e 850 mila euro. Lunedì la Corte d'Appello di Roma ha stravolto quella valutazione stabilendo che i danni di cui è responsabile la Regione sono legati allo stop ai lavori tra il 9 agosto e l'8 settembre del 2006 quando è entrato in vigore il Piano paesaggistico regionale.
«Il lodo aveva riconosciuto una cifra superiore a quella richiesta dalla società, il consulente Deloitte aveva stabilito una cifra pazzesca - commenta l'avvocato Carlo Dore che difese la tutela della necropoli di Tuvixeddu per conto di Italia Nostra -. Ho sempre ritenuto assurdo che si fosse arrivati a una cifra del genere, che non teneva conto della crisi dell'edilizia e di quanti appartamenti sarebbero invenduti. Anche all'interno del lodo arbitrale ci furono forti divergenze, la decisione non arrivò all'unanimità e il terzo arbitro si era dissociato con una lunga relazione di minoranza».
Lo stop ai lavori sul colle di Tuvixeddu era arrivato su indicazione dell'assessore regionale ai Lavori pubblici Carlo Mannoni, che in quel periodo aveva anche la delega ad interim della Pubblica istruzione e Beni culturali, passata ad agosto 2017 a Maria Antonietta Mongiu. Assieme all'allora governatore Renato Soru, Mannoni fu denunciato dall'imprenditore Cualbu per gli atti adottati ma fu prosciolto su richiesta dello stesso pubblico ministero.
Il Consiglio di Stato nel 2011 aveva stabilito che il Ppr aveva rivoluzionato tutto e che si doveva ripartire da quello strumento con un obbligatorio lavoro di copianificazione tra Soprintendenza, Regione e Comune. Un concetto ribadito anche dalla sentenza della Corte d'Appello di Roma. «La copianificazione deve stabilire nel dettaglio quali sono le fasce di tutela integrale e di tutela condizionata, dove si potrà in qualche modo intervenire. Abbiamo partecipato a questi tavoli e siamo in attesa che la Regione recepisca il risultato dentro il Ppr», spiega l'assessora comunale all'Urbanistica Francesca Ghirra, «dopo il cambio di sovrintendente erano state riviste alcune questioni tecniche».
PUC DA ADEGUARE Ma ancora non basta perché sia definito, una volta per tutte, quello che si può fare a Tuvixeddu e Tuvumannu. «Nel 2006 il Codice Urbani non specificava che il Ppr dovesse contenere le norme di tutela dei beni e per questo il Ppr demanda questo compito ai Comuni che non hanno però competenza in materia di paesaggio. Nel 2008 il Codice fu modificato specificando che dev'essere il Ppr a indicare le fasce di tutela – precisa l'assessora Ghirra – quando la Regione recepirà le risultanze della copianificazione nel Ppr potremo adeguare il Puc incardinando sulla norma paesaggistica quella urbanistica».
Marcello Zasso