Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Uras: sinistra troppo divisa Con Leu si deve dialogare

Fonte: L'Unione Sarda
12 febbraio 2018

Il senatore ex Sel: «Ecco perché corro con la coalizione a guida Pd»

 

 

«Sono per una sinistra che si assume responsabilità di governo», dice Luciano Uras scandendo bene le parole. Alla fine si ritorna sempre lì, dallo strappo di Bertinotti in poi (e sono già vent'anni): al derby tra riformisti e antagonisti, al virus che colpisce la sinistra italiana e la spacca in mille fronti. Senatore uscente con Sel, ora in corsa per la Camera col centrosinistra nel collegio uninominale di Cagliari, Uras non vuole bruciare i ponti con chi ha fatto altre scelte: «L'unità è un valore, dopo il 4 marzo dovremo riprendere a parlare».
Nel frattempo, perché ha accettato di candidarsi insieme al Pd?
«È una candidatura indipendente, che rappresenta Campo progressista nell'ambito del centrosinistra a guida Pd».
Ma lei in Senato è stato a lungo all'opposizione dei governi Pd.
«Fino al governo Gentiloni. Poi ho votato la fiducia, anche in risposta all'appello del capo dello Stato, per consentire di mettere i conti in sicurezza e non perdere i sacrifici fatti fin lì dai lavoratori».
Alla fine, il bilancio degli ultimi governi è positivo o negativo?
«È positivo quello di Gentiloni, che ha messo a sistema più di ogni altro i risultati della ripresa, e nella sua composizione aveva anche alcune eccellenze».
Qual è il suo ministro preferito? Calenda, che oggi piace a molti?
«Calenda ma anche i ministri “economici”, come Padoan e De Vincenti. E lo stesso Gentiloni».
Da uomo di sinistra, non è stato tentato di unirsi a Liberi e uguali?
«Sono per una sinistra che si assume responsabilità di governo. Come accaduto in Puglia, a Milano, a Cagliari e a Genova con l'esperienza di Sel, incentrata su grandi valori della sinistra come il lavoro, l'ambiente, la libertà».
Ma nel futuro sarà possibile riprendere a dialogare con Leu?
«Penso che dovremo parlare con tutti e superare gli attuali confini del rapporto tra il centrosinistra e la cosiddetta sinistra radicale. Era il percorso individuato con Pisapia: Campo progressista voleva aprirsi a tutte le forze in grado di capire i bisogni delle persone nella società di oggi. Anche le forze liberali, non solo la sinistra storica».
Cosa pensa degli allarmi sul pericolo di un nuovo fascismo?
«È un pericolo vero. Non solo italiano. I temi posti dalla Lega e dalla destra, sul rispetto delle altre culture, sono preoccupanti».
Lei sarebbe andato a manifestare a Macerata?
«Sono d'accordo con la richiesta del sindaco di non andare, per ora, sul luogo di una vicenda in cui si mescolano il femminicidio, la xenofobia e altri drammi. Ma è giusto fare altre iniziative in altri luoghi».
Approva il sindaco anche quando sembra parlare di equidistanza tra fascismo e antifascismo?
«No, non ci può essere nessuna equidistanza di questo tipo. Sappiamo tutti cosa fu il fascismo».
Da alleato del Pd, se lei fosse residente a Bologna dovrebbe votare Casini. Ci riuscirebbe?
«Vede, il punto è un altro. Noi abbiamo scelto di dare più sinistra alla coalizione. Se fossimo riusciti a tenere Campo progressista in tutta Italia, come cerniera tra il Pd e altri compagni, ora avremmo una coalizione capace di vincere con certezza. Ma non è andata così».
E la morale qual è?
«Che le divisioni indeboliscono il centrosinistra. Con Leu, il dialogo interrotto per le Politiche dovrà riprendere dopo il 4 marzo».
La sinistra moderna di cui parlava prima, che sa leggere il mondo globale, quali progetti dovrebbe avere per la Sardegna?
«Bisogna superare non l'insularità, ma l'isolamento che ne deriva. L'Ue si fonda sulla libera circolazione di persone e merci: dobbiamo cambiare i trattati per consentirci un regime di aiuti in deroga, per essere pari al resto d'Europa. Sui trasporti ma anche su energia, telecomunicazioni, infrastrutture».
In attesa che l'Ue ci ascolti, noi che cosa possiamo fare?
«Sperimentare ogni attività di bonifica e ripristino ambientale, e le tecnologie che consentono di fare industria, agricoltura e turismo nel rispetto dell'ambiente, che è la nostra grande ricchezza futura».
Secondo il Progetto Autodeterminatzione, gli esponenti locali dei partiti italiani non faranno mai gli interessi della Sardegna.
«La tesi che divide la politica in italiana, sarda, europea e così via, non aiuta. Credo però che i sardi possano riconoscersi come popolo, e chi li rappresenta possa trovare unità politica su alcuni temi. Come ci si può dividere tra sardi, in Parlamento, sulla continuità territoriale? O sulla tutela ambientale, o le entrate e gli accantonamenti? Possiamo individuare 3-4 punti per l'Isola, che diventino il bagaglio di chiunque vada in Parlamento».
Come valuta la sfida che la attende nel collegio di Cagliari?
«Difficile ma non impossibile. Se avessimo temuto certe sfide, non avremmo mai candidato Massimo Zedda alle primarie del centrosinistra per Cagliari. In ogni caso, per noi questa campagna elettorale è un momento di passaggio».
Verso le Regionali?
«Verso lo sviluppo di un progetto di prospettiva per la Sardegna, per la sua prosperità».
Con Zedda come leader?
«Zedda è un ottimo sindaco di Cagliari e della Città metropolitana, ed è concentrato su questo ruolo. Il candidato governatore lo vedremo con tutti quelli che parteciperanno alla coalizione e alla definizione del programma».
Siete stati spesso critici nei confronti della Giunta Pigliaru.
«Lo siamo ancora. Crediamo che Giunta e Consiglio debbano lavorare con più convinzione sugli obiettivi di sviluppo. Trovare soluzioni è difficile, ma bisogna fare di più».
Su cosa, in particolare?
«Più di tutto, sull'istruzione. Subito dopo, sui rapporti con lo Stato: dall'insularità agli accantonamenti dobbiamo essere più decisi».
Giuseppe Meloni