Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Fenicotteri, la “pink invasion” Nuovo record a Molentargius ma c'è chi teme per l'ecosistema

Fonte: L'Unione Sarda
8 gennaio 2018

Nel 2017 hanno nidificato oltre 26mila coppie, il parere degli esperti su vantaggi e rischi

Fenicotteri, la “pink invasion” Nuovo record a Molentargius ma c'è chi teme per l'ecosistema 

Il miracolo si è ripetuto, puntuale a primavera. Per il ventiquattresimo anno di fila i fenicotteri hanno scelto lo stagno di Molentargius per deporre le loro uova. E ancora una volta è stato battuto ogni record precedente: nel 2017 lo tsunami rosa è arrivato a quota 26mila coppie. Uno spettacolo senza pari, perché da nessuna altra parte nel mondo è possibile ammirare i fenicotteri nidificare in un'area così fortemente urbanizzata, a due passi dal caos delle città.
L'ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA Ma siamo sicuri che questa affascinante invasione, diventata ormai anche un eccezionale brand turistico, non abbia un rovescio della medaglia? C'è un limite oltre il quale una presenza così massiccia di fenicotteri può diventare dannosa per l'ecosistema? Chiederselo non è un delitto. Perché la natura non è un film della Disney ed è risaputo che quando una specie non stanziale diventa invasiva può causare gravi danni a quelle autoctone, oltre che diffondere malattie prima sconosciute. E se è vero che sa genti arrubia , così i nostri avi chiamavano i fenicotteri rosa, frequenta le zone umide della Sardegna sin dalla notte dei tempi, è altrettanto vero che gli stagni di Santa Gilla e Molentargius, così come gli acquitrini del Sinis, per secoli hanno rappresentato soltanto delle stazioni di sosta nelle lunghe migrazioni dall'Europa all'Africa e viceversa.
L'INVASIONE Insomma, la presenza dei fenicotteri nell'Isola è sempre stata discreta e temporanea. E questo sino al 1993, anno in cui - con un repentino mutamento di abitudini in gran parte ancora inspiegato - per fare il loro nido e allevare i pulli alcune centinaia di coppie hanno deciso di fermarsi negli specchi d'acqua salmastra tra Cagliari e Quartu. E da quel momento, stagione dopo stagione, il numero di esemplari affezionati alle coste sarde è cresciuto vertiginosamente. Sino a raggiungere i numeri inimmaginabili di oggi: 52mila, di cui circa 10mila ormai stanziali anche d'inverno.
LA BIOLOGA DEL PARCO «La popolazione è cresciuta perché l'ambiente glielo consente - spiega Luisanna Massa, biologa del parco di Molentargius -, qui i fenicotteri hanno trovato un habitat ideale e non c'è alcuna evidenza di risvolti negativi legati alla loro presenza. Inoltre le 26mila coppie non corrispondono a 26mila pulcini, il successo riproduttivo è infatti del 30% perché ci sono tanti predatori e soprattutto il gabbiano reale si sta specializzando nell'attaccare le loro uova». Decisivi, per evitare che le acque di Molentargius si trasformassero in una pericolosa bomba batteriologica, si sono rivelati i lavori eseguiti sugli argini del bacino della Bellarosa maggiore, il luogo preferito per la nidificazione. «Nel 2016 sono finite le opere del progetto Life il cui obiettivo era proprio quello di assicurare un approviggionamento idrico costante - aggiunge Luisanna Massa -, oggi c'è un ricambio continuo che assicura che l'acqua sia sempre pulita. Noi facciamo analisi con cadenze regolari e non abbiamo mai riscontrato livelli di inquinamento batteriologo preoccupanti, a dimostrazione che l'ecosistema si regola da solo».
PROTESTE E RISCHI Non tutti però la pensano così. Nell'Oristanese, ad esempio, gli agricoltori hanno ingaggiato da mesi una guerra ai fenicotteri che si spostano dal Cagliaritano e stanno devastando le risaie della zona del Sinis, arrivando a organizzare ronde notturne armati di petardi e trombe da stadio per proteggere le loro colture. Mentre il presidente dell'Unione cacciatori, Bonifacio Cuccu, non ha esitato a definire l'invasione di fenicotteri «il più grande disastro ambientale degli ultimi tempi». «La crescita esponenziale degli esemplari - ha aggiunto - sta mandando via tutti gli altri volatili dallo stagno cagliaritano di Molentargius e per di più il loro guano rende sterili terreni e acque, se si va avanti così distruggeranno l'ambiente per poi andare via».
L'ESPERTO Sergio Nissardi, biologo e ornitologo, getta acqua sul fuoco: «Onestamente non credo che il crescente numero di fenicotteri possa rappresentare un problema, gli animali si auto regolano e l'ecosistema fa lo stesso - sono le sue parole -. Non sono uccelli migratori che hanno decisi pendolarismi come la rondine, ma si adattano alle condizioni climatiche e avendo habitat particolari e circoscritti, come le zone umide costiere, hanno imparato a sfruttare le risorse in qualunque periodo dell'anno. La maggior parte dei fenicotteri sverna in Nord Africa e quelli stanziali, se così si possono definire, non sono più di 3 o 4 mila. In ogni caso i parametri non hanno mai evidenziato problemi di tipo ecologico a Molentargius, anzi la presenza di molti uccelli disperde sostanza organica che viene usata da microrganismi vegetali e animali, cosa di cui si avvantaggiano anche le altre specie». Negli anni la presenza dei fenicotteri ha però tolto spazio alle colonie di gabbiani rosei, che hanno sofferto e non poco la competizione. «È vero - ammette Nissardi - ma con il ripristino degli argini ora c'è spazio per tutti. Inoltre i gabbiani rosei e i cavalieri d'Italia sono popolazioni fluttuanti e non ci sono prove che la presenza dei fenicotteri rappresenti per loro un grave rischio. L'importante è sapere che esistono anche altre specie e tenere presente che la conservazione non è rivolta solo ai fenicotteri, i quali in più hanno però il vantaggio di rappresentare la classica “specie bandiera” il cui ruolo, anche mediatico, è importante nel sensibilizzare al tema generale della conservazione dell'ambiente».
LA FEBBRE DEL NILO Sandro Piga, primario del reparto Malattie infettive del Santissima Trinità, introduce un altro tema: «I liquami stagnanti sono sempre fonte inesauribile di virus e germi - spiega -, ma un altro aspetto da approfondire riguarda gli esemplari stanziali di fenicotteri che possono rappresentare un serbatoio continuo di infezione in particolare del West Nile. Ricordo che i fenicotteri si spostano continuamente dal Cagliaritano all'Oristanese dove ci sono stati alcuni casi d'infezione mortale da febbre del Nilo su esseri umani, con la particolarità che il ceppo sardo del virus si è rivelato più aggressivo rispetto al resto d'Italia. Il nostro reparto malattie infettive ha svolto un importante studio su questo tema pubblicato anche sul British Medical Journal e, appunto, ha evidenziato questa particolare aggressività. C'è qualcosa di questo virus in Sardegna che dà una maggiore mortalità e ancora non si è capito perché. Sarebbe interessante anche fare uno screening sulla popolazione perché la malattia, nel 90% dei casi, decorre in maniera asintomatica, come un'influenza. Tirando le somme credo che oggi nessuno possa escludere che, come le cornacchie, i merli e i tordi, anche i fenicotteri siano serbatoi del virus. E se il loro numero continua ad aumentare sarà bene chiarire se siamo di fronte a un fattore di rischio in più».
Massimo Ledda