Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Malika Ayane a Cagliari per Capodanno

Fonte: La Nuova Sardegna
18 dicembre 2017

Malika Ayane a Cagliari per Capodanno: «Il successo? Me lo riconquisto ogni giorno»
La cantautrice milanese si racconta e svela cosa proporrà nel concerto in programma la notte di San Silvestro
 

Dici Malika Ayane e pensi a una giovane artista che ha costruito la sua carriera, costellata di belle canzoni e tanti riconoscimenti, facendosi sempre trovare davanti al binario giusto quando passava il treno per il successo. Stazione dopo stazione – ma senza mai fermarsi nei talent-show - è passata dal Coro delle voci bianche della Scala sino ai big di Sanremo, da un contratto discografico con la Sugar Music di Caterina Caselli sino al musical “Evita”, nel quale ha interpretato proprio la parte della mitica first lady argentina, seconda moglie di Peròn. Lo stesso ruolo che nel film di Alan Parker spettò a Madonna. E scusate se è poco.

Ma dici Malika Ayane e la mente va per forza anche a una delle situazioni più incredibili che siano capitate sul palco del Teatro Ariston: nel 2010, subito dopo il verdetto del televoto che la escluse dalla finale con il brano “Ricomincio da qui”, l’intera orchestra le mostro solidarietà e si ribellò al giudizio espresso da casa alzandosi in piedi e stracciando gli spartiti in diretta tv. Roba buona per una sceneggiatura di Hollywood. «In quel momento ero a cena e mi è quasi venuto un infarto – ricorda la trentatreenne cantautrice milanese, che la notte di San Silvestro si esibirà a Cagliari sul palco di piazza Yenne –. Non mi aspettavo di arrivare in finale, ma mi colpì l’aspetto idealista di tutta la vicenda: con quel gesto eclatante in eurovisione i musicisti rivendicarono il proprio diritto di esperti a contare più del televoto. Meraviglioso. Sono passati quasi otto anni, eppure ogni volta che ci penso mi emoziono. E comunque i miei fan piuttosto che televotarmi spesero quei soldi per comprare il brano su iTunes».

Quell’edizione oltretutto la vinse Valerio Scanu, un cantante sardo.

«Già, è così. L’anno prima avevo scritto un pezzo per lui, tuttavia sino ad allora di persona non c’eravamo mai conosciuti. Valerio è un bravissimo ragazzo, uno sgobbone. Insomma è normale che sia andata così».

Fu sua madre a iscriverla al Coro delle voci bianche?

«Non esattamente. Mamma però ha avuto un altro merito: quando decisi di fare le scuole medie al Conservatorio di Milano non oppose alcuna resistenza, anzi scommise sul mio entusiasmo. Una volta dentro la scuola di musica accompagnai un’amica per fare il provino per il Coro delle voci bianche e presero anche me. Un classico».

L’inizio della sua carriera.

«Una cosa meravigliosa. Quando hai undici anni e dopo la scuola corri a fare i compiti al bar della Scala, dove passano artisti in costume e grandi direttori d’orchestra, ti sembra di sognare. Se poi come attività pomeridiana vai a cantare Mozart o Verdi con Riccardo Muti, che altro aggiungere? La migliore formazione possibile, davvero. Mi ritengo molto fortunata».

La fortuna aiuta gli audaci.

«Sì, assolutamente. E poi, come dice Woody Allen: meglio avere fortuna che talento».

Muti, visto che l’ha appena citato, a tredici anni la scelse come solista in un ruolo del Macbeth. Magari anche un po’ di talento aiuta, no?

«La parte era molto piccolina. Ma in quell’audizione ho capito che mi stavo giocando molto e che se forse non avevo più talento degli altri, neanche ne avevo di meno. E sono saltata sopra il treno in corsa, come al solito».

Il treno Caterina Caselli come è arrivato, invece?

«Con un altro caso classico. Lavoravo in uno studio nel quale mi pagavano per ascoltare dischi adatti alla pubblicità. Un giorno si è ammalata la ragazza che doveva fare un jingle e hanno chiesto a me di cantarlo. Fatto sta che la canzone suscitò molto interesse sui forum specializzati in colonne sonore. E allora quello che adesso è il mio produttore ma allora era il mio capo, Ferdinando Arnò, mando il brano a Caterina. Lei lo sentì e il giorno dopo mi chiamò per fissare un appuntamento e mettermi sotto contratto con la Sugar».

Proprio come avrebbe fatto un bravo discografico di una volta.

«Esatto. Il bello, poi, è che è arrivato tutto mentre io non mi aspettavo nulla. Ero una giovanissima madre e non avevo affatto l’ossessione per il successo. Anzi, mi ero detta: se compiuti i venticinque anni non hai ancora fatto un disco, molli il colpo. E invece sullo scoccare della mezzanotte è successo questo».

 

«Prima di firmare il contratto con la Sugar Music alcuni conoscenti mi chiesero se volessi partecipare alla prima edizione di “X Factor”, ma rifiutai. Io sono cresciuta in teatro, ho suonato nelle peggiori cantine, persino nei marciapiedi. La televisione serve, per carità, ma sarei diventata matta, avrei dato il peggio di me».

Molti suoi giovani colleghi hanno toccato il successo e poi sono spariti nel nulla. Perché?

«Non esiste un momento in cui tu possa dirti arrivato: per ogni progetto nuovo, ti rimetti sul mercato, inizi da capo. E hai bisogno di qualcuno che intervenga quando tu da solo non ce la puoi fare. Una buona squadra è molto importante: non si vince mai da soli».

Domani renderanno noti i nomi dei big che parteciperanno a Sanremo. Lei sarà nell’elenco?

«No (si fa una grande risata – ndr). A parte che non vinco mai, devo finire il mio nuovo disco che uscirà a primavera. E poi tutto, da Sanremo al Festival delle polpette, va fatto con la massima serietà. Nel senso che ci devi andare solo se hai un progetto vero da proporre, non per avere visibilità. Il pubblico se ne accorge e non ti perdona, tra l’altro».

Parliamo dell’esperienza nel musical Evita.

«Bellissima e massacrante: ho fatto settanta spettacoli di fila, sette alla settimana con un giorno libero, perché il sabato gli show erano due. Quella di Evita, per i critici, è la parte più difficile mai scritta per una donna».

Per concludere, a Cagliari che concerto proporrà?

«Sto selezionando
i brani proprio in questi giorni: visto che ci esibiremo a Capodanno ci sarà una carrellata di pezzi da sgambettamento ma anche da pomiciamento duro. Se deve essere festa, che festa sia, insomma. Sul palco saremo in dieci e vedrete tutta la mia formazione, archi e fiati compresi».