Rassegna Stampa

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Questione “sicurezza” nel quartiere Marina: la parola ai commercianti

Fonte: web Vistanet Cagliari
26 ottobre 2017

Questione “sicurezza” nel quartiere Marina: la parola ai commercianti

La Marina, quartiere storico di Cagliari, è sempre stato, da secoli, un calderone di razze, culture, come capita in tutte le città che si affacciano sul Mediterraneo. Come le Ramblas a Barcellona, la Promenade des anglais a Nizza, come a Genova o a Marsiglia, le zone che si affacciano sul porto sono porta delle città al mondo, dove passeggiare significa immergersi in un meltin’ pot di lingue e religioni, razze e culture.

In queste ultime settimane, il tam-tam mediatico ha rimbalzato notizie legate ad episodi di micro-criminalità che hanno acceso il dibattito sulla sicurezza nel quartiere cagliaritano più cosmopolita, e i punti di vista sono diversi. Ma cosa ne pensano i commercianti della zona?

Non per tutti è valida l’equazione fra migranti ed episodi di micro-criminalità. Di sicuro le cose non hanno nessun legame per Massimo Mazzei, uno dei titolari del ristorante di via Napoli “Il Principe di Dan”, autore nei giorni scorsi di un video su Facebook diventato virale: «Non voglio sottovalutare gli episodi in sé – spiega il ristoratore, fra i primi esercenti a mettere i tavolini del locale in strada – ma i media hanno amplificato in maniera esagerata alcuni episodi, creando un allarmismo pericoloso fra la gente. Raccontare il quartiere Marina come una zona pericolosa, oltre a non corrispondere alla realtà, rischia di veicolare un messaggio controproducente, e avere un effetto boomerang. Spaventa , crea una psicosi in città, con la conseguenza che sempre meno persone sceglieranno questo quartiere per le loro passeggiate, svuotando le strade e rendendole così ancora meno sicure, lasciando spazio a quel punto a sbandati e teppisti. Vogliamo che questo accada? Vogliamo che la Marina torni alla condizione di vent’anni fa? Che i locali chiudano e che le vie tornino ad essere la notte una vera propria terra di nessuno? Questo allarmismo non fa bene né alla Marina, né alla città».

Mazzei rifiuta poi la già citata equazione migranti uguale pericolo:« La micro-criminalità non è legata a razze o etnie, ma alle condizioni di povertà. Senegalesi, nigeriani, pachistani, algerini o cinesi, sono parte del quartiere da sempre, così come accade in tutte le città di mare, la zona del porto è sempre stata un miscuglio di genti da tutto il mondo, ed è normale e bello che sia così».

Le posizioni, si diceva, sono differenti, e diversa è la percezione del pericolo. Di tutt’altro avviso è infatti Ilaria Cherchi, titolare con il marito di tre negozi di souvenirs fra via Sardegna e via Baylle:« Sono costretta a lavorare con un bastone per difendermi, nascosto dietro il banco. In negozio mi sono spesso trovata sola, e oggi più che in passato, mi è capitato di essere vittima di furti o minacce, spesso (ma non solo) arrivate da migranti. In effetti – racconta Ilaria – gli episodi sono aumentati da quando ci sono stati gli ultimi sbarchi di ragazzi nord-africani in Sardegna. Più volte sono entrati in negozio degli algerini per rubare, o fare degli apprezzamenti pesanti nei miei confronti. Di sicuro non posso rientrare a casa in pullman come facevo in passato».

Una sintesi fra le due posizioni è invece quella di Gianluca Mureddu del Comitato Centro Storico, titolare di un laboratorio artigianale nel quartiere: « Non bisogna puntare il dito contro nessuno, ma cercare di risolvere le difficoltà insieme. Partendo da un fatto: la Marina è un quartiere turistico, pieno di alberghi, negozi, ristoranti e locali. Questo significa, ovviamente, che le strade della zona attirano migliaia di persone, ed è fisiologico che questo sia un’ “attrazione” anche per chi non ha buone intenzioni. Le forse dell’ordine sono presenti, ma bisogna capire che più persone in giro necessitano di una maggiore attenzione per ordine pubblico e sicurezza, così come avviene normalmente dove c’è una concentrazione straordinaria di persone». Anche per Mureddu, nessun legame fra micro-criminalità e stranieri:«Con le comunità africane, cinesi o pachistane, abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto. Molti di loro fanno parte del Consorzio, abbiamo organizzato eventi tutti assieme, cucinato culurgiones e cous cous, suonato musica nostrana e africana; la questione sicurezza e quella dei migranti sono da tenere distinte fra loro e non confonderle con le problematiche che ci sono alla Marina, legate al gran numero di persone che la frequentano».
Rifuggere dal luogo comune che associa migranti e delinquenza, e trovare una soluzione affinché chi passeggia alla Marina possa farlo nelle condizioni più sicure, in sintesi. Fra le soluzioni proposte, alcune sono allo studio delle istituzioni, fra cui, quella di Massimo Mazzei, che oltre ad essere socio del ristorante già citato, coordina un’agenzia di sicurezza:«Potremmo quotarci, noi commercianti della Marina, per pagare un servizio di vigilanza che funga come deterrente per episodi come scippi o piccoli furti. Senza sostituirci ovviamente alle forze dell’ordine, ma aiutandole, segnalando le situazioni di potenziale o reale pericolo. Gruppi di persone che si rendano disponibili, ad esempio, ad accompagnare ragazze che non si sentono sicure a raggiungere da sole la propria auto parcheggiata, magari quando i locali chiudono e le strade si svuotano, potrebbe essere un’idea. I commercianti del quartiere sono tanti, e la spesa, divisa fra tutti, non sarebbe eccessiva. Al contrario, i vantaggi sarebbero tanti e i benefici per tutti».