Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Io, primogenita del Che, spiego al mondo i suoi ideali

Fonte: L'Unione Sarda
18 maggio 2017

Incontro Aleida Guevara, medico pediatra, da ieri in Sardegna sulle tracce di Gramsci

 

 

 

 

P iù di tutto le mancano le coccole, quell'affetto paterno che è fatto di gesti quotidiani, intimità e complicità. Il padre insomma, perché il personaggio raccontato nei libri di storia, disegnato nelle magliette, celebrato nelle canzoni, è una presenza costante nella sua vita e nei suoi viaggi per il mondo in difesa dei diritti civili. Aleida Guevara, la primogenita dei cinque figli che l'argentino Ernesto Guevara de la Serna, più noto come el Che, ebbe con Aleida March, aveva sette anni quando il padre morì in Bolivia, dove era andato per combattere contro la dittatura militare. E prima ancora, insieme all'amico Fidel Castro, aveva rovesciato il regime di Fulgencio Batista a Cuba. Un rivoluzionario che dedicò la sua intera vita all'affermazione degli ideali di giustizia e dignità umana, un simbolo dell'impegno politico per i giovani di tutto il mondo.
Ospite dell'Associazione Amicizia Italia-Cuba e del circolo José Marti, Aleida Guevara, medico pediatra nel William Soler Children's Hospital a L'Havana, fino a domani sarà in Sardegna. Ieri è stata alla Mediateca del Mediterraneo per discutere di “Diritti, salute e istruzione-Viaggio intorno a Cuba”.
L'immagine di suo padre è stata un simbolo di libertà e giustizia. Lo è ancora?
«Sì, soprattutto tra i giovani. Ad esempio, uno studente italiano mi ha raccontato che quando è sotto tensione guarda la foto del Che appesa in camera e si ripete: “Se lui ha potuto fare quello che ha fatto, ce la posso fare anch'io”».
Secondo lei, i ragazzi che indossano la maglietta del Che hanno letto i suoi libri?
«Non sempre. A Reggio Calabria vennero alcuni giovani a chiedermi di firmare le loro. Gli chiesi a quale organizzazione appartenessero e mi risposero che erano fascisti. Ovviamente non sapevano chi fosse Ernesto Guevara. Tuttavia, durante una manifestazione in Ecuador i giovani portavano la bandiera con l'immagine del Che. Quando domandai il perché risposero che andavano a combattere. “Hasta la victoria siempre”, come diceva il Che».
Che Guevara, oltre che un mito adolescenziale, può essere ancora oggi un ideale cui dedicare un impegno maturo e serio?
«Perché mi chiede questo? Lo sta facendo perché sono la figlia di quest'uomo. In caso diverso non le sarebbe interessata l'opinione di un medico cubano».
La visita di Obama a Cuba quasi un anno fa ha portato cambiamenti nelle relazioni tra i due paesi?
«Il presidente Obama dichiarò pubblicamente che la politica del suo governo è stata sbagliata nei confronti del popolo cubano. Questo è forse, il cambiamento più importante. Si sono aperte le ambasciate a New York e a L'Havana, ma sino a quando non verrà eliminato il blocco economico che stiamo soffrendo da più di 50 anni, non ci potranno essere relazioni normali tra i due stati. Neppure ci potranno essere fintanto che la base navale di Guantanamo non verrà chiusa e restituito il territorio al popolo cubano, fino a quando non sarà ritirata la legge promulgata dagli Stati Uniti nel 1966, che permette l'ingresso illegale nel territorio degli Usa dei cittadini cubani».
Se suo padre oggi fosse in vita di che cosa vorrebbe parlare con lui?
«Di tutto, però soprattutto lo bacerei molto».
Nel rileggere le vicende di Che Guevara con il senno del poi, la popolazione cubana e il mondo intero, quali rimproveri gli potrebbero rivolgere e quali ringraziamenti?
«Diceva José Marti (poeta, politico e giornalista spagnolo, ndr): il sole ha macchie però nessuno le vede perché emette molta luce. È esattamente quello che succede con mio padre. Ancora, Marti diceva che gli uomini che riconoscono la virtù degli altri uomini è perché la portano dentro se stessi. Il mio popolo ama mio padre perché continuiamo a crescere con lui».
Come racconta il nonno alle sue figlie?
«Racconto loro i miei ricordi, la piccola, per esempio, si emoziona quando vede qualche registrazione. Voglio che leggano quanto mio padre ha scritto e vorrei lo mettessero in pratica. I loro nonni morirono combattendo in Bolivia e loro hanno avuto il privilegio di avere un terzo nonno, Fidel Castro».
Suo padre ha letto e apprezzato Gramsci. E lei?
«Sì, mio padre ha letto Gramsci. Io conosco pochi testi. È una lettura che mi ripropongo di fare».
Franca Rita Porcu
(Traduzione di Giovanna Cubeddu)