Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Niente lavoro e case fatiscenti «La nostra vita da poveri»

Fonte: L'Unione Sarda
11 maggio 2017

Viaggio a Sant'Elia tra i vecchi palazzi di Area e la protesta dei residenti

 

Giorgio dei gatti lo chiamano, ed è per via del ricovero per felini abbandonati che ha aperto in mezzo alla corona dei palazzi grigi e cadenti del Favero, edilizia popolare dei Settanta che solo qui - tra le piazzette Silesu, Cherchi e Demuro - stipa 265 famiglie. Giorgio Porceddu, 60 anni, vive in un piccolo appartamento dove ha cresciuto i suoi due figli e sì, dice, «non è in buone condizioni, come quelli degli altri d'altronde. Ma cerco di tenerlo bene e me lo faccio bastare». Lui è una delle storie di Sant'Elia, quartiere fatto di case comunali costruite nei '50 attorno alla parrocchia (il Borghetto, lo chiamano) e di edifici Iacp uno più brutto dell'altro. Adesso Area ha mandato gli operai per sistemare le tubazioni dei bagni e intonacare la facciata. «Ma è da tempo - raccontano le signore riunite davanti a un portone - che l'umidità annerisce i muri delle stanze e quando piove, piove pure dentro casa».
LE DIFFICOLTÀ Giorgio è uno degli inquilini che Area chiama «morosi incolpevoli», quelli che cioè non pagano il canone d'affitto perché proprio non possono, hanno perso il lavoro o vivono difficoltà momentanee. Migliaia di famiglie in Sardegna. E poi ci sono i furbi, «quelli che non pagano per malvezzo», dicono dagli uffici dell'ente. Il grosso del 42 per cento di evasori nell'Isola.
IL PIANO DI RIENTRO «Ho vissuto un periodo di grande difficoltà e ho accumulato qualche rata - racconta Giorgio Porceddu -. Anni fa ho dovuto chiudere la mia officina e così mi arrangio facendo qualche lavoro qua e là, vendendo frutta e verdura nel fine settimana. Faccio molti sacrifici, certo, ma ho fatto un piano di rientro del debito e adesso dormo tranquillo».
L'ASSOCIAZIONE Ne conosco tanti, avverte Rosa Sabati: «Io stessa, assieme al canone mensile, sto pagando anche gli arretrati». Centodieci euro al mese, e non sono pochi per lei che non ha un impiego fisso e fatica ogni giorno per portare qualcosa a casa. Sessantuno anni, due figli, Rosa è una delle signore dell'associazione Sant'Elia Viva (presidente Rita De Agostini) che da quasi un lustro lottano per colmare l'isolamento del quartiere. «Qui non c'è niente, sa? Solo disoccupazione. E gente disperata. Vero, ci saranno pure quelli che magari possono anche pagarselo l'affitto ogni mese. Ma non bisogna fare di tutta l'erba un fascio. Davvero c'è gente che non sa come tirare avanti».
EDIFICI DA ABBATTERE «Ci sono genitori che hanno visto tornare a casa i figli sposati e rimasti senza lavoro. E così nelle famiglie, con una piccola pensione, tirano avanti tre generazioni», avverte Gabriella Paderi, 56 anni, portavoce del comitato di quartiere. Una delle battaglie è qui, dentro la corona sgangherata dei palazzi del Favero. Sono tra i più fatiscenti, qui a Sant'Elia, tanto che l'ente delle case popolari aveva annunciato la demolizione. «Si è parlato di un trasferimento delle famiglie - spiega Rosa Sabati -, anche fuori Cagliari: a Monserrato, Sestu, Assemini. Ma la gente non vuole andare via. Abbiamo detto: costruite le case nuove da un'altra parte, qui nel quartiere, e solo dopo trasferite gli inquilini».
CATINI SUI MOBILI E perché, allora, «Area sta facendo i lavori di ristrutturazione? Forse perché i fondi europei erano già stanziati?», si chiede Gabriella Paderi. Gli operai sono qui da tre mesi. «Stanno installando le tubazioni dei bagni e rifacendo la facciata, ma qui ci sarebbe ben altro da sistemare». L'umidità è il problema più evidente negli appartamenti del quartiere che si affaccia sul mare. Case che avrebbero bisogno di ben altra manutenzione, ma qui - fatta la tara ai danni dei vandali - erano molti anni che non si vedeva un cantiere aperto. Quando piove l'acqua viene giù dal tetto, ed è per questo che sui mobili ci sono le bagnarole. Il tanfo della muffa è ovunque.
IL PARROCO Don Giacomo Faedda, 39 anni, da settembre è il pastore d'anime di Sant'Elia. Ieri ha concluso il giro della benedizione delle case, il rito che segue alla Pasqua, e di abitazioni così dice che ne ha viste tante. «Umidità, problemi di muratura, arredi al minimo: te ne accorgi quando c'è povertà vera. Ho visto appartamenti in condizioni pietose». In parrocchia sono un centinaio le famiglie che chiedono l'aiuto della Caritas. Cibo, vestiario, soldi per le bollette. «Tanti li aiutiamo per pagare il canone d'affitto».
IL CORAGGIO Qualche volta, racconta Maria Teresa Carta, «anche io mi sono rivolta alla parrocchia». Cinquantasei anni, quattro figli e un marito disoccupati, lavora due ore al giorno per un'impresa di pulizie. Porta a casa 142 euro al mese e ne paga 210 per il piano di rientro dal debito dei canoni Area. «Stringiamo la cinghia e andiamo avanti». Peserà sì e no 35 chili. «Da ragazza sognavo una vita diversa».
Piera Serusi