Rassegna Stampa

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I giochi della Cagliari che non c’è più: zacch’e poni, pincareddu, prontus cuaddus prontus

Fonte: web Vistanet Cagliari
31 marzo 2017

I giochi della Cagliari che non c’è più: zacch’e poni, pincareddu, prontus cuaddus prontus


Prima che che le strade venissero invase dalle macchine e dell’avvento di videogiochi, computer e smartphone, per le vie delle città non era difficile trovare gruppi di bambini giocare all’aria aperta, con un pallone magari, oppure rincorrendosi o ancora divertendosi con giochi semplici, che forse potevano procurare qualche sbucciatura alle ginocchia, ma riempivano di gioia i cuori dei bambini nel modo meno alienante di quanto possa fare un videogioco di ultima generazione.


“Prontus Cuaddus Prontus”, “Zacca e poni”, “Su giogu de su Sedazzeddu”, sono nomi che rievocano ricordi felici ai nostri nonni, ai nostri genitori, e a quelli un po’ più avanti con gli anni. Nei quartieri cagliaritani e nei paesi di tutta la Sardegna, intere generazioni sono cresciute con questi semplici divertimenti, gratis, che univano i bambini al di là della loro estrazione sociale. Le loro regole erano semplici, e richiedevano al massimo un po’ di destrezza e abilità fisica, magari resistenza. In “Prontus Cuaddus Prontus”, ad esempio, venivano formate due squadre: i giocatori di una squadra si disponevano in fila, con il primo componente poggiato con le spalle al muro per fare da “cuscino”. Gli altri dovevano piegarsi in avanti ad angolo retto mantenendosi alla vita del compagno che sta avanti con le braccia distese e tenendo la testa protetta dal braccio sinistro. A quel punto i ragazzi della squadra avversaria saltavano uno dopo l’altro disponendosi sulla groppa degli avversari. Chi salta prende lo slancio e cade di peso sulla schiena degli avversari cercando di sbilanciare e di far rompere la fila. La squadra che riusciva a resistere senza rompere la fila. tenendo il maggior numero di avversari sulle spalle vinceva.

Anche per giocare a “Zacch’e poni” serviva una grande resistenza Nel gioco uno dei giocatori, a sorte, dà le spalle ai compagni, mettendo una mano sotto l’ascella e coprendo la visuale laterale con l’altra mano. Uno dei compagni da un colpo alla mano (spesso molto forte!) poi tutti sollevano l’indice, facendolo roteare. Il colpito doveva girersi rapidamente e, dall’espressione dei compagni, cercare di intuire chi era l’autore de sa “zaccada”. Se avesse indovinato, avrebbe preso il posto del colpevole, che a sua volta si doveva disporre per ricevere il colpo. Ma vatti a fidare degli amici, non c’era mai la certezza assoluta che il vero autore de “sa zaccada” confessasse!

 

Se “Zacch’e poni” veniva più spesso praticato dai maschietti, le bambine erano solite giocare a “su giogu de su sedazzeddu”, nel quale ognuno dei partecipanti tracciava a terra un cerchio disponendosi all’interno. Il giocatore privo di cerchio chiedeva: «Mi ddu donasa su sedazzeddu?» La risposta era: «Bai acantu de (seguiva il nome di un altro bambino)» . Nel frattempo che il ragazzo privo di cerchio si dirigeva dall’amico indicato, gli altri giocatori si scambiavano i posti di corsa, mentre il giocatore che al centro provava ad occupare uno cerchi vuoti, costringendo chi rimaneva fuori a prendere il suo posto. “Zacca Zacca su Piscione” era simile a Prontus Cuaddu, ma bisognava indovinare chi era saltato in groppa coprendo gli occhi del bambino cirvo che faceva la parte del cavallo, mentre tutti cantavano: “ Zacca Zacca su Piscione, indovina chini è?”. C’era poi Sa Barduffola (la trottola), “A boixeddu” il gioco che emulava il giogo dei buoi, Pincaro (o pincareddu) versione sarda del gioco della campana. Tutti nomi che evocano i pomeriggi cagliaritani di tanti anni fa, quando si giocava all’aria aperta, finché non calava la sera, o la mamma gridava il nostro nome dal balcone, richiamandoci all’ordine.