Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il vecchio carcere cade a pezzi Erbacce, muri scrostati, muffa e rifiuti nell'ex istituto di pena

Fonte: L'Unione Sarda
30 marzo 2017

BUONCAMMINO.

Dopo la chiusura non è stato fatto un progetto per recuperare l'edificio

Il vecchio carcere cade a pezzi Erbacce, muri scrostati, muffa e rifiuti nell'ex istituto di pena 

L'odore di umido e del guano dei piccioni riempie le narici. Per terra erbacce, pavimenti coperti da intonaci. Vecchie sedie, faldoni, cuscini, materassi e una montagna di rifiuti. Decine di celle chiuse, condotte dei servizi igienici murate, stanze trasformate in depositi-discariche non fanno onore al vecchio istituto di pena. La zona detentiva dell'ex carcere di Buoncammino è in completo stato di abbandono. Dell'edifico più grande della città si salvano solo gli uffici, occupati dall'Amministrazione penitenziaria (dopo il trasferimento da via Tuveri) e dalla Prefettura (Ufficio migranti), e gli spazi ricavati nella Sezione femminile destinati ai depositi della Procura.
CHIUSURA E ABBANDONO Ultima notte di Buoncammino 22-11-2014 Evasione in massa!!! La scritta su un mobiletto in formica verde della cella 25 del Reparto destro, dove Emilio Lussu fu rinchiuso per un anno, è eloquente. Quel giorno centinaia di detenuti vennero trasferiti, con una delle più imponenti operazioni di polizia, nel nuovo carcere di Uta. Da allora i due Reparti che per decenni hanno ospitato migliaia di reclusi e raccolto le loro paure, inquietudini e malinconie sono chiusi. Nessuno, a parte la parentesi di due giorni per la manifestazione organizzata dal Fai, ci ha più rimesso piede. E tutto cade a pezzi.
TOUR NEL DEGRADO Solo qualche scritta e l'immancabile intonaco scrostato. Guardando dall'esterno il vecchio edificio sembra non sia cambiato niente rispetto a quando era occupato da reclusi e agenti. La porta pedonale del cancello verde viene aperta da un agente del corpo di guardia. Il sole primaverile risalta colori ed emozioni. Perché Buoncammino non è solo un posto fisico. La lapide al centro della scalinata riporta l'articolo 27 della Costituzione: le pene non devono essere contrarie al senso di umanità e devono educare. A sinistra il vecchio spaccio che ora si chiama buvette , al centro l'ingresso della zona detentiva. Il gabbiotto è polveroso. L'agente entra, sblocca il sistema. Nel reparto destro l'odore di chiuso toglie il respiro. Superata la sala avvocati le prime tracce di intonaco giallo caduto dal soffitto. La sala d'attesa per i colloqui con i reclusi ha profonde ferite sui muri. Il buio avvolge il corridoio. Il rumore degli anfibi è ancora più tetro per l'eco. Dalle inferriate uno spettacolo desolante: le erbacce hanno conquistato gli spazi esterni, i cortili di passeggio, le zone d'aria e i campi da calcetto. Le uniche stanze ordinate sono due aule scolastiche utilizzate recentemente per la registrazione del film “Nel mondo grande e terribile”, che narra la vita e il pensiero di Antonio Gramsci.
Pochi passi ed ecco a sinistra la famigerata Alta sicurezza dove tutti gli anni l'arcivescovo celebrava la messa di Natale. La luce è fioca e a malapena si intravedono le maglie delle reti antisuicidio dell'ultimo ballatoio. Sulle scrivanie i registri impolverati per la conta . Le celle sono ormai diventate la casa di piccioni e topi che, approfittando delle finestre aperte, hanno trovato un habitat perfetto tra cuscini e materassi. Poco più avanti le docce, ormai diroccate e invase da una patina di muschio verde. Uno scenario uguale in tutte le stanze dei tre piani dei due reparti.
IL RECUPERO Salvare il carcere non è semplice, ma è obbligatorio tentarci. Ministero, Sovrintendenza, Regione e Comune si devono sedere subito attorno a un tavolo e trovare il modo di recuperare un edificio storico che non merita di fare la stessa fine dell'ex Ospedale Marino.
Andrea Artizzu