Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Nessun danno a Santa Restituta»

Fonte: L'Unione Sarda
21 maggio 2009

Il caso. Vittorio D'Angelo racconta i 65 anni di storia della Gioventù operaia cristiana 

Il presidente della Gioc: abbiamo aiutato tanti stampacini

Il presidente della Gioc racconta come è stata utilizzata per oltre mezzo secolo la chiesa di Stampace. E il decreto penale di condanna.
«Ma cali statue votive. Fianta manichinusu». Ma che statue votive, erano manichini. Vittorio D'Angelo, sarto, stampacino da generazioni, è un cagliaritano d'altri tempi. Cascione al dito con le iniziali del padre, che poi sono anche le sue, fede con pietra preziosa («è per i 25 anni di matrimonio»), bracciale, spilla al bavero e orologio, tutto rigorosamente d'oro, sembra il protagonista di un'opera di avanspettacolo. Giacca a quadretti, cravatta multicolore, nello studio dell'avvocato Antonio Cabriolu, con vista sulla scalinata della chiesa di Sant'Anna, racconta in slang cagliaritano i 65 anni di vita della Gioc (Gioventù operaia cristiana). E la tegola che gli è caduta addosso nei giorni scorsi: 3.150 euro di ammenda per uso improprio e danneggiamento della chiesa di Santa Restituta, per oltre mezzo secolo sede dell'associazione.
IL RACCONTO D'Angelo, 61 anni difeso anche dall'avvocato Salvatore Casula, ha preso il testimone di capo indiscusso della Gioc, e del suo storico carnevale, dai fondatori Pinuccio Schirra, scomparso nel '92, e dal fratello Antonio che, dato per morto da qualche giornalista, gode di ottima salute. «Avevo sette anni quando l'allora arcivescovo di Cagliari monsignor Piovella ci consegnò le chiavi di Santa Restituta. Da quel giorno il tempio è stato il punto di ritrovo degli stampacini, ma non solo. Abbiamo assistito e dato una mano d'aiuto a centinaia di disadattati, che ora bivaccano in piazza Yenne».
LA SORPRESA Quando sono iniziati i guai? «Durante il Natale del 2006 si presenta il parroco di Sant'Anna, don Luciano Pani, che senza tanti preamboli ci dice di sloggiare: vuole rientrare in possesso dell'immobile. Il 31 luglio dell'anno successivo le parole si trasformano in carta bollata con l'ordine di sfratto e il sequestro della chiesa, che non risulta essere stata sconsacrata». Arrivano i carabinieri del Nucleo tutela patrimonio e la Soprintendenza che, su disposizione del magistrato mettono i sigilli e catalogano i beni. Frugano dappertutto e dentro il tabernacolo, conservato in una busta di plastica, trovano anche un teschio senza mandibola di un adulto morto 300 anni fa. «Ci hanno costretto a sbaraccare e tutta l'attrezzatura usata per i nostri spettacoli adesso è ammassata in un sottano di via Fara». L'anno scorso l'assessore comunale al Patrimonio Luciano Collu aveva promesso un suo interessamento. Ma sino a oggi niente. E la Gioc e la sua storia rischiano di morire.
ANDREA ARTIZZU

21/05/2009