Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sant'Elia, il borgo fai-da-te

Fonte: L'Unione Sarda
27 gennaio 2017

Roversi: «Il Comune non finga di non sapere e difenda la legalità e gli onesti»

 

Volumetrie aggiunte nelle case popolari, lo Spi insorge 

 

La verandina è il minimo: la chiudi e hai un ambiente in più. Poi c'è il giardinetto privato: un tempo le casette del Borgo si affacciavano su giardini comuni ma negli anni sono stati tirati su muretti, piazzati cancelli, stese pavimentazioni. Ma ancora siamo nella quasi-norma. C'è chi punta più in alto: per esempio costruire stanze nuove, a volte buttando giù un muro e ampliando, a volte addirittura costruendo corpi aggiunti. Una sorta di piano casa fai-da-te.
Borgo Sant'Elia: sul fianco del colle sormontato dalle panoramiche rovine del forte sabaudo, incorniciate in una vegetazione rigogliosa, spuntano le case popolari di proprietà del Comune. Case curate: di recente, l'amministrazione ha fatto un diffuso intervento di “efficientamento energetico”, ed ecco doppi vetri, infissi in pvc, tetti rinnovati, pannelli fotovoltaici, gas di città. Eppure, sotto la superficie cova l'illegalità. A indicarne alcuni esempi (là una stanza aggiunta, qui un muretto ancora non intonacato) è Lidia Roversi, segretaria provinciale dello Spi, il sindacato dei pensionati della Cgil: «Riceviamo molte segnalazioni di abusi», racconta: «E più volte abbiamo sollecitato l'amministrazione comunale a intervenire». Inutilmente: «In certe zone della città, sollevare questo problema comporta dei prezzi elettorali che nessuna forza politica è stata disposta a pagare».
Anche trovare qualche inquilino onesto che parli non è facile: «Hanno paura di ritorsioni».
EREDITARIETÀ Nel mondo delle case popolari, ragiona Roversi, il primo abuso è la trasmissione della titolarità. «Spesso gli affidatari trasmettono le case in eredità, di fatto calpestando i diritti di chi sta in graduatoria». Succede non solo a Sant'Elia ma anche a San Michele. Il metodo soft è questo: quando il nonno o la nonna sono un po' avanti con l'età il nipote interessato a subentrare prende la residenza a casa loro. Il metodo hard è più diretto: quando un anziano si ammala e va in ospedale, si sfonda e si occupa. «Molti anziani, per questo, hanno paura anche a farsi curare».
CUBATURE Spesso chi subentra nella casa popolare ha figli, magari già adolescenti: servono camerette e i pochi metri quadri non bastano più. Nel vecchio borgo dei pescatori, le case misurano in genere una quarantina di metri quadri. Nelle planimetrie. In realtà, molte sono state portate a settanta, ottanta, novanta metri quadri. «Il Comune non può non sapere ciò che succede», prosegue la segretaria del sindacato pensionati. La faccenda, spiega, la appassiona non solo perché diversi iscritti lamentano un danno dagli abusi dei vicini: avevi un ingresso ampio e arioso, ora per entrare in casa devi infilarti in un angusto corridoio fra due muri che prima non c'erano; o ancora, se ti costruiscono un locale sporgente sotto la finestra dalla quale stendi, far asciugare le lenzuola può diventare un problema. «Non è solo questo», giura la sindacalista: «È proprio l'illegalità in sé, l'anarchia, a essere inaccettabile. Alla Giunta di sinistra chiedo di fare una cosa di sinistra: far rispettare la legalità».
L'ASSESSORE Il patrimonio comunale rientra fra le deleghe della vicesindaca Luisa Anna Marras, che però declina l'invito a parlare della faccenda: compete, fa sapere, all'assessore ai Lavori pubblici. Cioè, dalla scorsa estate, Gianni Chessa, che invece accetta di rispondere. «Le segnalazioni ricevute dal Comune da parte degli inquilini sono diverse. Non riguardano solo il borgo Sant'Elia e non arrivano certo da oggi. Siamo consapevoli che il problema esiste: in passato l'amministrazione non ha dato un segnale e il fenomeno si è esteso a macchia d'olio. Ora bisogna prendere posizione: affronteremo la questione con tutti gli assessorati competenti, ovvero Lavori pubblici, Urbanistica e Patrimonio».
Marco Noce