Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quelli che tirano la cinghia

Fonte: L'Unione Sarda
3 gennaio 2017

NUOVE POVERTÀ. Penalizzati i più giovani: taglio ai consumi, si resta in famiglia

 

 

Vite e lavori precari di una generazione in difficoltà

 

Per loro niente settimana bianca. E a Capodanno, grazie, niente aragosta né ristorante: meglio una cosa fatta in casa, magari con materie prime acquistate al discount. Smettere di fumare, per loro, può essere una priorità non solo legata a sacrosante ragioni di salute. E del resto, dove possono tagliare, tagliano: via il cinema, la pausa con caffè e giornale al bar, riparazioni in casa e magari taglio di capelli fai-da-te, bicicletta al posto dell'auto. Pizzeria? Col contagocce. Sono quelli che tirano la cinghia: sempre più numerosi, pur se poco visibili, anche nel capoluogo dell'Isola.
La Caritas, che da anni lancia l'allarme sull'impoverimento progressivo dei cagliaritani, e i servizi sociali del Comune registrano lo stadio finale: quelli che mettono da parte l'orgoglio, superano di slancio la vergogna e chiedono aiuto (psicologico, economico e anche alimentare). Prima di arrivare a quel punto, però, c'è il vasto, desolante territorio del disagio.
C'è dentro di tutto: uomini e donne che hanno perso il lavoro, anziani che campano di pensione sociale, padri separati. In prima linea ci sono i giovani che, sintetizza Carmelo Farci, segretario della Camera del lavoro della Cgil, «sono i precari per definizione». Per dirla con le parole di Franco Manca, responsabile del centro studi della Caritas diocesana, «il problema dei giovani appare uno degli elementi più preoccupanti» della non allegra situazione della Sardegna, un elemento «che assume per alcuni aspetti il carattere della drammaticità».
NEET Il viaggio nel popolo di quelli che “tirano la cinghia”, dunque, non può che iniziare da loro, le giovani generazioni. All'interno delle quali, negli ultimi anni, si è andato allargando il dato, spaventoso, dei cosiddetti Neet, quelli che, tra i 15 e i 24 anni, né lavorano né studiano: in Sardegna sono 27,7 su cento, più del doppio della media europea.
NUOVE IDENTITÀ Cagliari gode di una situazione migliore del resto della Regione: per esempio, a dispetto di vertenze recenti come quella della Vesuvius, la zona industriale di Macchiareddu non è desertificata come gran parte delle altre. «Questo non significa che il capoluogo offra grandi opportunità ai ragazzi», avverte Antonio Pola.
A lui la Cgil di Cagliari ha affidato un settore cruciale per capire la realtà dei nostri tempi, il Nidil, sigla che sta per “Nuove identità di lavoro”: in pratica, il sindacato dei lavoratori atipici. Cioè di quelli che, nei settori più vari, tirano avanti tra un tirocinio e l'altro (spesso svolti in aziende diverse, vanificando lo scopo formativo che dovrebbe stare alla base della fattispecie) o da un contratto di collaborazione a progetto a l'altro, girano nella ruota da criceti dei lavoretti interinali (le agenzie li “affittano” alle aziende che hanno necessità di prestazioni per determinati periodi di tempo), tirano il fiato con i sussidi di disoccupazione, sognano di accedere a un apprendistato e magari, di tanto in tanto, vengono pagati coi famigerati voucher.
FAMIGLIA Il risultato? Una precarietà di fondo, un mix paralizzante di retribuzioni in genere modeste e di impossibilità di mettere in campo qualsiasi progetto. A partire da quello di prendere casa e metter su famiglia. Pochi se la sentono: «La maggior parte continua a vivere con la famiglia d'origine», riassume Pola. E la famiglia è il loro primo ammortizzatore sociale. «Chi cerca di rendersi indipendente - prosegue - spesso non arriva a fine mese. Chi ha coraggio parte. Ma anche partire non dà più garanzie. Potrei citare il caso di un ingegnere civile, sedici anni di esperienza, rientrato dall'Inghilterra perché anche lì, ormai, non riusciva più a trovare lavoro se non in nero. O quello di un architetto che in Germania se la cavicchiava , finché non ha trovato un cliente che non l'ha pagato e l'ha messo in serie difficoltà».
QUALITÀ Il posto di lavoro, nella visione dei sindacalisti, è centrale: «È quello che ti dà una retribuzione, ti paga i contributi previdenziali, ti permette di pagare le tasse», ricorda Farci. «Dalla qualità del posto di lavoro dipende in buona parte la qualità della vita».
Marco Noce