Rassegna Stampa

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Zedda, addio Sel: al via il cantiere per costruire un nuovo centrosinistra con il Pd di Renzi

Fonte: web Vistanet Cagliari
22 dicembre 2016

Zedda, addio Sel: al via il cantiere per costruire un nuovo centrosinistra con il Pd di Renzi


 
Esattamente un anno fa il Pd di Cagliari, nella persona del suo segretario cittadino, Nicola Montaldo, annunciava l’appoggio del partito alla ricandidatura di Massimo Zedda. A livello nazionale era uno dei momenti di maggior freddezza tra il partito maggioritario e Sel, del quale Zedda faceva parte, fino a pochi giorni fa. A un anno di distanza quella scelta viene in qualche modo “ricompensata” da Zedda che, sulle ceneri del suo defunto partito, ora si impegna a livello nazionale per la costruzione di una forza politica che appoggi il Partito Democratico da sinistra.

Quello che traspare da tutto ciò è che in Sardegna continui a prevalere l’idea di un centrosinistra unito, un esperimento molto riuscito, in quanto premiato dagli elettori lo scorso giugno, a Palazzo Bacaredda, un po’ meno in Viale Trento, dove è il Pd con Francesco Pigliaru presidente a tessere la trama, con l’appoggio di alcuni partiti più “di sinistra”, non più così convinti dell’azione di governo del professore. Una testimonianza della debolezza di questa unione è arrivata tre giorni dopo la vittoria del No al referendum costituzionale, quando i Rossomori hanno deciso di uscire dalla maggioranza e la loro assessora di riferimento, la titolare dell’Agricoltura Elisabetta Falchi, di dimettersi dall’incarico.

Francesco Pigliaru
Francesco Pigliaru
«L’idea – ha detto Zedda lunedì a Bologna alla convention per la costruzione del nuovo centro sinistra – è di mettere insieme le persone di buona volontà politica nell’ottica di ricostruire, partendo dal livello locale dove amministriamo, con forze politiche diverse tra loro, sinistra, Pd, per ricostruire un campo di relazioni e progetti per il Paese a livello nazionale. Il Pd è un fondamentale e indispensabile alleato che ha consentito di vincere al primo turno a Cagliari». Dichiarazioni molto precise che non lasciano nulla all’immaginazione quelle del primo cittadino di Cagliari che, durante la convention bolognese, è stato trattato e considerato come uno dei big assoluti, insieme a Giuliano Pisapia, ex sindaco di Milano, Virginio Merola, sindaco di Bologna, il sindaco di Bari Antonio Decaro e Gianni Cuperlo. Le radici di questo simposio vanno ricercate nel 2011, anno della cosiddetta “stagione arancione”, quando furono proprio Pisapia, Zedda e De Magistris, nessuno dei quali iscritto al Pd, a regalare al centrosinistra unito il governo di tre importanti città, Milano, Cagliari e Napoli. Pisapia ha scelto poi di non ricandidarsi (ma l’apprezzamento del suo operato a contribuito alla vittoria di Beppe Sala), mentre Zedda e De Magistris sono stati riconfermati al primo turno dai propri concittadini.



Da considerare c’è poi il comportamento un po’ ignavo, ma fortemente significativo, assunto da Massimo Zedda durante la campagna per il referendum. Mai dalla sua bocca è uscito un Sì o un No, ma nella sua unica dichiarazione pubblica, rilasciato a Radio Rai a metà novembre, ha detto che sarebbe stato incoerente nel fare campagna per il No e poi firmare un patto per la città metropolitana con Renzi, primo promotore del Sì. Insomma, se col cuore Zedda forse avrebbe votato Sì, con la testa è molto probabile abbia apposto una croce sul Sì. Sarebbe difficilmente spiegabile altrimenti la sua presenza in prima fila al Palacongressi di Cagliari il 17 dicembre, quando Matteo Renzi ha tenuto un comizio per sostenere le ragioni del Sì. E sarebbe anche difficilmente spiegabile la totale sintonia con Giuliano Pisapia, uno dei pochi che a sinistra del Pd si è schierato apertamente per il Sì. Ma c’è anche da dire che lo stesso Zedda aveva affermato che alcuni punti legati al referendum non l’avevano convinto.

Sulla stessa linea il senatore, sempre in quota Sel, Luciano Uras, unico del suo partito insieme al compagno Dario Stefàno a votare la fiducia al governo Gentiloni, chiaro segno di una volontà di convergenza verso il Partito democratico. «Queste sono ore particolarmente delicate per il Paese in cui deve prevalere il senso di responsabilità di tutti. L’annunciata crisi di Governo in questa fase dei lavori parlamentari per l’approvazione della legge di bilancio giustifica la preoccupazione del Presidente della Repubblica affinché si proceda in Senato all’esame della manovra finanziaria, con ogni consentita sollecitudine. In questo quadro, non potremo essere insensibili ad un appello del Capo dello Stato per la messa in sicurezza della nostra economia da aggressioni speculative», questa la loro nota a margine della votazione. Un elemento che fa il paio con la fuoriuscita da Sinistra Italiana sia di Uras che di Zedda. Scelta diversa è stata fatta invece da un altro parlamentare sardo di spicco di Sel, Michele Piras, che non ha votato la fiducia al governo Gentiloni ed è confluito in Sinistra italiana.


Il dato politico è che Zedda nei prossimi mesi potrebbe essere uno dei protagonisti insieme a Giuliano Pisapia della ricucitura tra il Pd renziano e tutto quel mondo di sinistra che crede ancora nel centrosinistra unito, sulla falsa riga di quel progetto politico portato avanti da Nichi Vendola, fin dalla nascita di Sinistra Ecologia e Libertà. Insieme a loro tante personalità politiche della minoranza Dem, che non hanno voluto strappare con Renzi né prima, né dopo il referendum, magari votando Sì turandosi il naso, vedi Fabrizio Barca, Nicola Zingaretti e Gianni Cuperlo. Resta da decidere solo la forma: appoggio esterno o quota interna nelle stessa lista? Per saperlo bisognerà attendere le prossime elezioni.