VIA PREMUDA.
In classe anche un detenuto, un ex tossicodipendente e una giovane madre
“Non è mai troppo tardi” era il titolo di una trasmissione della Rai negli anni '60: il maestro Alberto Manzi teneva lezioni telematiche con lo scopo di combattere l'analfabetismo. Sono passati oltre cinquant'anni ma il motto resta sempre lo stesso: “non è mai troppo tardi”. Non è mai troppo tardi per sedersi sui banchi di scuola e ottenere quel diploma di scuola media che non si è conseguito da ragazzini.
LE STORIE Sono le 16.30, gli studenti arrivano alla spicciolata nel plesso scolastico di via Premuda: è uno dei trenta “punti di erogazione” (così vengono definiti con linguaggio burocratico) dove si svolgono le lezioni del Cpia 1 (centro provinciale per l'istruzione degli adulti). Certo, non ci sono casi estremi come l'ottantaquattrenne di Dolianova che, l'anno scorso, ha ottenuto la licenza media; o la classe un po' speciale creata quest'anno nella casa di riposo di Maracalagonis. Ma gli incroci di storie sono interessanti. C'è il detenuto in semilibertà, l'ucraina che studia e può così imparare l'italiano, la giovane madre di quattro figli che non è riuscita a studiare quando era ragazzina, l'ex pusher salvato dall'amore per la sua fidanzata.
LA RINASCITA Francesco Atzori ha 44 anni e ora si ritrova tra i banchi con compagni di classe che potrebbero essere suoi figli. «Ho smesso di studiare alla fine delle elementari», racconta, «perché mio padre era riuscito a impormi un'insegnante di sostegno. Il mio problema? Era mancino, lui voleva che imparassi a scrivere con la mano destra. Mi sentivo discriminato, diverso dagli altri. Ho lasciato la scuola perché mi volevo ribellare a questa situazione». Una scelta sbagliata tira l'altra: Atzori finisce nel giro della droga, diventa un “tossico”. E comincia un escalation di piccoli reati. «Che mi hanno fatto finire in carcere. Dove, però, sono sempre stato un detenuto modello». Così, il giudice di sorveglianza gli ha concesso senza troppi ostacoli la semilibertà. «La mattina lavoro allo stabulario e la sera vengo a scuola». Non certo per scaldare il banco. «Ottenuta la licenza media, voglio fare almeno i due anni del biennio». Perché anche in carcere esistono modelli positivi. «Mi ha spinto a studiare, tra gli altri, Renzo». Già, proprio Renzo Becconi, il detenuto che, recentemente, si è laureato in ingegneria.
IL RISCATTO Nella stessa fila di Atzori c'è Jessica, sedici anni con una vita che è già un romanzo. «Da quando sono nata», racconta, «i miei genitori si fanno la guerra. E io, con una madre poco presente, mi sono ritrovata a fare da madre ai miei fratellini». I piccoli sono finiti, nel frattempo, in comunità e lei ora vive con i nonni; il padre ha forse trovato lavoro in Olanda e Jessica coltiva un sogno: «Prendere la licenza media, iscrivermi all'Alberghiero e, terminati gli studi, trasferirmi in Olanda a fare la cuoca, questo lavoro è sempre stato il mio sogno». Vuole continuare a studiare anche Gabriele, 23 anni, che ha ottenuto il permesso di uscire dai domiciliari per studiare. «Lo faccio per la mia fidanzata, soprattutto. Voglio costruire una famiglia con lei. E i miei futuri figli devono crescere vedendo il padre ogni giorno».
LA SCUOLA Storie che si incrociano in una scuola che ha un compito fondamentale: offrire una seconda opportunità a chi non ha potuto sfruttare la prima. Non a caso, il Cpia si occupa anche dell'istruzione nelle carceri di Uta, Quartucciu, Is Arenas e della comunità di recupero di Ortacesus. «Lavoriamo su tre fronti», spiega Alberto Basciu, dirigente del Cpia 2, «forniamo l'alfabetizzazione di base, in particolare agli stranieri: all'hotel Antas di Flumini abbiamo 300 alunni. Poi ci sono i corsi per il conseguimento della licenza media e, in collaborazione con le scuole superiori, il biennio che serve a completare i dieci anni di studio obbligatori». Non tutti conoscono la scuola ma i numeri sono impressionanti. «L'anno scorso», racconta Giuseppe Ennas, dirigente del Cpia 1, «avevamo in tutto 2.200 iscritti. Quest'anno ce ne sono 1.113 ai corsi di alfabetizzazione, quasi tutti stranieri, 1.047 alle medie e 1.140 alle serali». Un esercito. Che potrebbe aumentare. «Sono amentati i docenti da 45 a 75 ma ne servirebbero altri». Perché il riscatto sociale passa sempre per la cultura.
Marcello Cocco