Rassegna Stampa

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Referendum, il silenzio di Zedda e Pigliaru. Fronte del No, “Pigliaru faccia come Renzi e si dimetta

Fonte: web Vistanet Cagliari
6 dicembre 2016

Referendum, il silenzio di Zedda e Pigliaru. Fronte del No, “Pigliaru faccia come Renzi e si dimetta”


È stato il No più deciso d’Italia, quello che i sardi hanno espresso verso la riforma costituzionale targata Matteo Renzi. Solo un sardo su quattro l’ha promossa, i restanti tre quarti l’hanno sonoramente bocciata. In nessun’altra regione italiana si è registrato un dato così alto. Il presidente del Consiglio Renzi non ha esitato a dimettersi dal suo incarico, mantenendo, in qualche modo, la parola data prima del voto.

Le ripercussioni sull’isola non sono di certo più leggere. A pesare fortemente è lo strano silenzio delle due figure politiche di maggior spicco, il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, ma soprattutto il presidente della Regione Sardegna, Francesco Pigliaru. Da più parti ci si chiede se sia il caso o no che anche Pigliaru come Renzi faccia un passo indietro. I sostenitori del No in Sardegna leggono in questo dato una netta presa di distanza del popolo sardo nei confronti della Giunta in carica.


«Renzi – attacca il coordinatore regionale di Forza Italia Ugo Cappellacci – ha tentato di modificare la Costituzione in solitudine per consolidare il suo potere senza consenso. Pigliaru ha tentato di svendere l’autonomia sarda per ragioni di carriera. Il primo si è dimesso, il secondo, se avesse un briciolo di dignità, dovrebbe seguirlo a ruota, perché non solo ha tradito tutti gli impegni, ma ha tradito i sardi sui principi fondamentali del nostro statuto ed è rimasto solo».

Non più tenero è Mauro Pili, deputato e leader di Unidos. «Il dato della Sardegna – scrive Pili su Facebook – segna un primato assoluto e questo attribuisce al dato sardo un valore speciale. In questo risultato vi è, infatti, una profonda ribellione del popolo sardo verso l’atteggiamento dello Stato che anche stavolta ha considerato la Sardegna una colonia utile ad imposizioni invasive e inaccettabili. 73% contro 27% è il più alto dato dei No in Italia. Il più vibrante e sonoro tonfo di Renzi e Pigliaru. Vincono senza se e senza ma i No contro il più grave attacco mai sferrato alla Sardegna da un governo nazionale».

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Il deputato di Unidos, Mauro Pili
«Appare ormai evidente che il presidente Pigliaru e la sua Giunta non rappresentano il popolo sardo. Presidente Pigliaru, faccia almeno una sola cosa coraggiosa nel suo mandato: si dimetta», così Pier Francesco Devias, leader del movimento Liberu, sulla falsa riga di tanti altri esponenti di partiti indipendentisti, sardisti e autonomisti.

L’unico esponente della Giunta Pigliaru a esprimersi pubblicamente è proprio un sardista, l’assessore ai Lavori Pubblici Paolo Maninchedda, del Partito dei Sardi. «In Sardegna c’è lo spazio politico perché l’indipendentismo democratico, europeista e pluralista, si affermi e costruisca uno scenario politico diverso rispetto allo schema italiano. Il Partito dei Sardi da tempo chiama questo spazio il luogo di costruzione di una grande forza politica plurale che chiamiamo Partito della Nazione Sarda», scrive sul suo blog e aggiunge: «il Pd che ha perso non può che abbandonare definitivamente l’idea di governare egemonizzando lo Stato e rompere la sua subordinazione culturale al neoliberismo temperato che ha egemonizzato il ceto degli alti burocrati italiani, le aule universitarie e i giornali cosiddetti progressisti. Un Pd che si dovesse riscoprire socialista e, noi auspichiamo, il più possibile indipendentista, sarebbe di grande aiuto per scuotere e rinnovare la Sardegna e renderla più sovrana».


In soccorso di Pigliaru è intervenuto il presidente del Consiglio regionale Gianfranco Ganau secondo il quale questo voto «non influirà sugli attuali assetti del governo regionale». «Il risultato è inequivocabile – spiega analizzando il voto – c’è una prevalenza nettissima degli elettori che ha deciso che la Costituzione non si modifica, un dato del quale bisognerà prendere atto. In Sardegna ha influito molto la preoccupazione per una presunta limitazione dell’autonomia, anzi addirittura per una cancellazione dell’autonomia come è stata ventilata, ipotesi che nei fatti non è mai esistita, però credo che questo aspetto abbia influito molto nella valutazione».

Continua invece a interpretare il “ruolo della Svizzera”, il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, trincerato dietro a un secco no comment. Le uniche dichiarazioni di un qualche rilievo che facciano pensare abbia votato Sì, sono quelle rilasciate alla trasmissione radiofonica “Un Giorno da Pecora” il 17 novembre in occasione della visita in Sardegna del premier, quando lo stesso sindaco di Cagliari aveva partecipato, seduto in prima fila ma senza intervenire, al comizio di Renzi per promuovere la riforma, salvo poi mostrare comunque le sue perplessità sul provvedimento. «Non posso realizzare un pezzo di riforma con la città metropolitana e poi esprimermi per il No, altrimenti dovrei dimettermi. Con la mia posizione schiererei la città, Si tratta di un referendum che pone una serie di quesiti molto articolati e preferisco non esprimermi pubblicamente. Ma comunque andrò a votare», aveva dichiarato e, incalzato dai conduttori della trasmissione che avevano sintetizzato con un «più Sì che No» la sua posizione, Zedda non aveva negato. Una posizione ambigua che stride con quella espressa da gran parte della sinistra in Italia e, anche se non pubblicamente, da quasi tutto il suo entourage. «Gli italiani – scrive l’assessora ai Lavori pubblici del Comune di Cagliari Francesca Ghirra in un post pubblico su Facebook – si sono espressi sulla proposta di riforma costituzionale in modo molto chiaro e spero che si ponga presto fine a questo clima da stadio. Non mi piacciono i toni di quanti attribuiscono la vittoria del no a ignoranza e populismo, perché dietro quel voto ci sono tanti di noi, che non hanno votato con la pancia ma con la testa e col cuore, ponderando le proprie scelte pronti ad affrontarne le conseguenze». Così come lei anche altri esponenti di Sel che siedono tra i banchi di Palazzo Bacaredda hanno votato No.

Ma, se la posizione del presidente Pigliaru dopo questo voto appare, se non traballante, fortemente in discussione, il consenso degli elettori sull’operato di Zedda non è minimamente intaccato, forse anche grazie alla sua scelta, comoda ma efficace, di non prendere parte fin da subito al dibattito sul Sì o sul No.