Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Silenzio, c'è My Generation il romanzo sonoro di Igort

Fonte: L'Unione Sarda
28 novembre 2016

Pazza Idea L'artista stasera, alle 18, ospite della rassegna al Ghetto di Castello

 

 

 

L 'autore lo definisce «un romanzo di formazione». E dichiara di navigare nella grande corrente che «dalla tradizione del romanzo russo ed ebraico» arriva a bagnare l'America. Dove Philip Roth, Kurt Vonnegut o Jeffrey Eugenides raccontano viaggi personali, personalissimi. Spesso controcorrente. Che però sono anche odissee corali. Percorsi di un'epoca. In questo caso, da Cagliari a Bologna e (in qualche modo) ritorno. Passando per Londra e molti altrove , reali o immaginari. “My Generation”, appena uscito per Chiarelettere, è l'ambiziosa prova di Igort nella narrativa fatta di sole parole. Un po' come presentarsi nudo, per uno che è - spesso contemporaneamente - fumettista, designer, musicista, creatore di cd rom, editore, graphic novelist e graphic journalist. «Non fa molta differenza scrivere o disegnare», precisa dalla Campania, dove ha ricevuto il Premio Napoli, che in passato è andato a Buzzati, Cassola, Auster. «Ogni libro ha una sua forma, e questo, anche per la mole, doveva essere un romanzo. Sono 300 pagine, se le avessi disegnate non sarebbero bastate mille».
NON SOLO PAROLE Se è vero che in “My Generation” a dominare è la lingua scritta, quella di Igort comunque esplode di immagini e suoni. Il titolo (è il caso di dirlo?) cita un celebre pezzo di The Who. In copertina, Igort campiona, miscela, reinterpreta: il David Bowie di “Aladdin Sane” (1973); un bimbetto con il paltò blu (sottobraccio ha una copia di “Shadow”) tiene un palloncino con il logo di “Never Mind the Bollocks”; un disco volante gravita sullo Union Jack. «La mia generazione fu sommersa da un delirio di voli spaziali, giornaletti, cinema e rock'n'roll» preannuncia l'esordio del libro. Come il più classico dei proemi classici. D'altronde baby Igor ha un padre meraviglioso e terribile che lo costringe a salmodiare rosa, rosae, rosae già in tenera età. Lo guida implacabile a cogliere la differenza tra i Berliner e i Wiener (Philharmoniker). E no, non capisce perché al suo bambino/ragazzo/uomo piaccia disegnare e ridisegnare chiappe di cavallo (Jolly Jumper, il destriero di Lucky Luke). «In questo scenario - commenta l'artista - tra Yeudi Menhuin e Jascha Heifetz si fa strada un androgino super truccato che canta di extraterrestri e indica la via dell'oltraggio». È David Bowie, mai conforme alle aspettative. «Come resistergli?». Igort non ci prova proprio. «Bowie, Lou Reed e Iggy Pop, il punk mi avrebbero dato metodo, un modo non convenzionale all'approccio, e molta energia».
UNO SPECCHIO “My Generation” sarà una fonte preziosa per gli studiosi di un artista multimediale che da trent'anni brucia le tappe, anticipa correnti. Nel frattempo, è una narrazione ironica e appassionante dove molti possono riconoscersi. Nel creare il suo stesso mito - a partire dalla irriducibile bizzarria di nonni e zii - Igort ricostruisce la Cagliari dove è cresciuto, negli anni Sessanta e Settanta. Sentendosi estraneo, come l'amatissimo Giovane Holden. Determinato alla fuga dal «paludismo esistenziale», ma anche dalla fede dei coetanei militanti o alternativi . A Cagliari sono gli emarginati ad attirarlo. I Sandie Shaw. Fratelli e sorelle di Lou Reed, di Patti Smith. La wild side di Igort è a Londra. L'esilarante viaggio in autostop con l'amica di sempre Susanna è l'anticamera di un orrore fatto di ostelli, stanze condivise, cibo fetente e lavori sottopagati. Sottofondo punk.
BOLOGNA ROCK'N'ROLL Racconta, Igort, anche l'Italia. Attraversata da furori ideologici, squassata dall' eroina (che si porterà via fra gli altri l'amico e rivale Andrea Pazienza) e dal terrorismo . Ma anche mossa da formidabili correnti creative. Nella Bologna del Dams, di Roversi, degli Skiantos, il ragazzo con la passione del disegno diventa un artista che cambierà per sempre il modo di fare fumetto, di fare arte, di fare reportage giornalistico. Dalle pagine di Alter Alter alla Biennale di Venezia, a New York, Parigi, Tokio. Il tempo dirà se oggi Igort stia aprendo una nuova strada nella narrativa italiana. Ricordi, lyrics, copertine di dischi, anche una playlist esistenziale: c'è molto da ascoltare in “My Generation”. È un romanzo sonoro. Ma si chiude sottovoce con un dialogo (vero o immaginario?) con il padre che non c'è più. Si chiude con una doppia citazione da pellicole mute. Una privata, una che ha fatto la storia del cinema. È nel silenzio che un artista ad alto volume ritrova suo padre? «Nooo. Evitiamo facili psicanalismi, sono strumenti spuntati». Sarà...
Daniela Pinna