Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Seimila turisti per Sant’Efisio Un trionfo di colori e costumi

Fonte: La Nuova Sardegna
4 maggio 2009

DOMENICA, 03 MAGGIO 2009

Pagina 6 - Sardegna





GRANDE FESTA A CAGLIARI Primo maggio: riti e fede fra tradizioni secolari

MARIO GIRAU

CAGLIARI. Vecchio e insieme nuovo. Uguale e diverso, ma sempre spettacolare, emozionante. Questo è sant’Efisio. Festa di un popolo arrivato dai quattro angoli dell’isola per accompagnare il «martire glorioso» nella sua passerella trionfale. Festa intima e spirituale.
Una festa per migliaia di pellegrini che fin dalle sette del mattino pregano nel santuario di Stampace. Sant’Efisio dei miracoli allarga ulteriormente i confini della sua presenza, che inglobano ora anche il Centro di solidarietà Giovanni Paolo II, dove Franco Masia, alle otto indossa il frac dell’Alternos, nei locali della comunità «L’Aquilone».
Qui pubblico e privato uniscono le forze nel segno della solidarietà. «L’emozione - dice il rappresentante della municipalità - comincia a farsi sentire. Vedere continuamente le mille forme della devozione al santo è straordinario».
Ma è nel grande catino dell’istituto salesiano, dove si incontrano e si mischiano genti di ogni parte dell’isola, che prende forma la processione del Primo Maggio, la festa pubblica. L’assessore comunale Gianni Giagoni - regista politico della 353.ma festa - saluta i 4000 figuranti in costume e indica subito la missione del gran giorno: «Sant’Efisio è un appuntamento di straordinaria importanza per la città». Vietato sbagliare., quindi.
Il sacerdote salesiano, don Giovanni Cossu, crea il clima processionale con un «Padre nostro», la benedizione e l’«Oremus»: «O Dio, che hai associato sant’Efisio alla Tua passione, concedi anche a noi di venire a Te sulle orme della fede». Con questo viatico si parte.
Alle 9,40 la tracca di Mogoro, preceduta da 4 vigili urbani motociclisti e da altrettanti carabinieri a cavallo, dà il via alla kermesse. Avanti piano, per dare il tempo alle autorità di prendere posto nelle tribune davanti al palazzo civico.
Luci e riflettori per il duca e la duchessa di Kent, nelle loro vene scorre sangue Windsor, regale. Alla destra del sindaco seguono ammirati quel che Paolo De Magistris, primo cittadino negli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso, uno dei cantori della “cagliaritanità”, definiva «il fulgore dei costumi tradizionali e i mille prodigi di bellezza e di colore delle nostre usanze, godimento raro di luce e di spontanea arte popolare».
I nobili britannici seguono ammirati il corteo di 86 gruppi in costume sardo. Ma l’entusiasmo degli ospiti inglesi scatta soprattutto al passaggio dei 200 “campidanesi” in sella a splendidi esemplari anglo-arabo-sardi.
Quando il gruppo “Cuncordia a launeddas”, poco dopo le 10, apre la processione, si vede sfilare la Sardegna. Nei costumi sono scritti ambiente e cultura: pastorale, contadina, delle montagne, delle zone interne e della costa.
«Ogni gruppo deve esprimere in modo solenne - è la raccomandazione del direttore organizzativo, Ottavio Nieddu - la comunità d’appartenenza». Così è stato senza la solita successione di denominazioni folk. Solo nomi di città e paesi: prima Pula, Sarroch, Iglesias, Sanluri, Oristano, Nuoro. A seguire tutti gli altri fino ai figuranti cagliaritani, «panetteras» e «piscadoris scurzus» di Giorgino, con Leonardo (nove mesi) e Riccardo (tre mesi): in definitiva, è la garanzia di una tradizione che continua.
Ai seimila turisti appena sbarcati da due navi da crociera, e alle altre migliaia da giorni in giro per la città, a tratti sembra di essere in un set cinematografico: migliaia di attori a rappresentare la Sardegna in tutta la sua varietà e bellezza, con la colonna sonora di «Ave Maria mamma de Deus», «Babbu nostru», Goccius campidanesi e logudoresi, rosari cantati.
Una trama complessa per preparare l’ingresso in scena dell’unico protagonista della grande festa sarda: sant’Efisio. Che alle 12,30, al termine della «messa dell’Alternos», celebrata dal parroco di sant’Anna, don Luciano Pani, parte per il suo viaggio.
«Videre Ephisium» è l’oggetto del desiderio dei centomila che seguono la processione. Lui, «su protettori poderosu», avanza lento sul passo di due buoi - «Artu ti faisi» e «No doi sesi», guidati da Antonio Satta alla ventiquattresima partecipazione da «carradori» - pronto ad ascoltare tutti.
Un’ora per attraversare la città. Un’altra per raggiungere la chiesetta di Giorgino. È custodito proprio «lì - scrive Paolo de Magistris - il vero senso religioso di una festa che è nel cuore e nella tenace, commossa, riconoscente memoria».