Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il porto canale piace ai cinesi

Fonte: L'Unione Sarda
21 novembre 2016

Trattative con Confindustria, Regione e Cagliari Free Zone. Punti deboli: trasporti e internet 

Due società interessate a investire. Scanu: vogliono un deposito Due grosse società cinesi sono «fortemente interessate» alle aree del porto canale di Cagliari e alla zona industriale di Macchiareddu. «Le voci circolano da tempo», racconta il segretario della Camera del lavoro della Cgil, Carmelo Farci, «e la visita del presidente della repubblica popolare le ha rinfocolate». E se il concessionario del porto canale, la società Contship, getta acqua sul fuoco («Nessuna visita ufficiale in porto», fanno sapere tramite l'Autorità portuale), la conferma che della questione si discute eccome arriva dal presidente di Confindustria per il sud Sardegna, Alberto Scanu: «Abbiamo avuto diversi incontri con diversi gruppi interessati a diversi settori economici. Per la logistica è emerso un forte interessamento per le aree del porto e per quelle che i nostri interlocutori hanno definito le “aree retroportuali”, ovvero la zona di Macchiareddu coi suoi stabilimenti inutilizzati. Sono convinto che la situazione si evolverà già nelle prossime settimane».
GRANDI NUMERI Una delle società in ballo rappresenta una provincia da 52 milioni di persone. Cosa cercano, gli imprenditori cinesi? «Spazi. Spazi nei quali fare attività di deposito. Si è parlato di vari settori merceologici, inclusi gli autoveicoli». Basta pensare a tutto ciò che la repubblica popolare esporta nel mondo.
CENTRALI E STRATEGICI Perché proprio la Sardegna? L'Isola è al centro del Mediterraneo occidentale, a metà strada fra i due accessi al bacino: il canale di Suez e lo stretto di Gibilterra. Rispetto al Nordafrica ha il vantaggio della stabilità politica, e rispetto a Gioia Tauro, in Calabria, col suo grande porto industriale da anni al centro del traffico di container, ha quello di non dover fare i conti con la presenza di criminalità organizzata. Il porto canale di Cagliari avrebbe insomma caratteristiche e numeri giusti: consentirebbe di ricevere grosse spedizioni con le navi portacontainer, smistarle e redistribuirle, su navi più piccole (i feeder : se ne occupa, a Cagliari, il gruppo Grendi), per i porti di mezza Europa e del Nordafrica, che in prospettiva è al centro della visione strategica cinese. Inoltre, dopo l'accordo Alimenta (una joint venture tra la società Minoter spa del gruppo Cualbu e Blue River Dairy, principale produttore al mondo di alimenti per bambini a base di latte) e la scelta di realizzare a Pula un laboratorio del gigante della telefonia Huawei, la scelta della Sardegna come base logistica consoliderebbe un rapporto commerciale già avviato.
LA CGIL Da parte dei sindacati, in questa fase non ancora coinvolti ma molto attenti agli sviluppi della vicenda, c'è un via libera pieno. «Parliamo di un mercato immenso», sorride Farci della Cgil. «Giovedì Renzi ha citato il caso di un'agenzia che si occupa di commercializzare vini e che in un'ora, un'ora, ha venduto 50 milioni di bottiglie. Magari si aprissero prospettive concrete: avremmo ricadute occupazionali e potremmo guardare con un po' di ottimismo al futuro, soprattutto per le giovani generazioni. Il porto canale è fondamentale per tutta l'Isola, per esempio per le aziende dell'interno che vogliono esportare. Certo, occorreranno garanzie sul rispetto dell'ambiente, sul tipo di merci che arriverebbero, sulle condizioni di lavoro: i nostri parametri sono diversi da quelli cinesi».
LE LACUNE Le lacune da colmare non mancano. L'area portuale dev'essere meglio collegata a Macchiareddu: Scanu ricorda il progetto di una strada che attraversi le saline Conti Vecchi, mentre Farci mette l'accento sulla necessità di potenziare i collegamenti ferroviari. «Poi, certo, non è pensabile che un'area industriale come Macchiareddu non sia ancora raggiunta dalla fibra ottica», sottolinea Scanu. Alle trattative partecipano anche la Regione e Cagliari free zone, società presieduta da Piergiorgio Massidda e nata per favorire l'attuazione della zona franca nell'Isola, in attuazione di norme vecchie ormai di 15 anni ma rimaste finora sulla carta: «I cinesi ci hanno chiesto come mai non l'abbiamo ancora attivata», aggiunge Scanu. «Ho risposto con una battuta: siamo l'isola delle potenzialità inespresse. E proprio per questo possiamo ancora crescere». (m. n.)