Rassegna Stampa

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Rischio sismico in Sardegna? Un invito alla riflessione di alcuni geologi

Fonte: web Ad Maiora Media
2 novembre 2016

Rischio sismico in Sardegna? Un invito alla riflessione di alcuni geologi
 

sardegna_satelliteLa Sardegna è a rischio simico? La quasi totalità degli isolani, ad esclusione dei geologi, risponderebbe sicuramente “no”. Ma, alla domanda da dove trarrebbero questa certezza, verosimilmente la risposta sarebbe “si sa”. Il nocciolo del problema appare proprio essere questa risposta. E allora, vediamo cosa “si sa”. Si sa che la superficie terrestre è costituita da placche ‘rigide’ che collidono o si allontanano e questi movimenti continui provocano zone di ‘accumulo e rilascio di energia’. Proprio la difficoltà di prevedere quando avverrà il rilascio di energia fa sì che il geologo non abbia gli strumenti per definire la probabilità statistica per prevedere un evento sismico. Si sa che la microplacca sardo-corsa è relativamente stabile da circa 18.5 milioni di anni e questo può aver indotto alcuni a pensare che la relativa stabilità si possa intendere come asismicit


Per comprendere se la Sardegna possa o meno essere classificata come a rischio sismico bisogna analizzare i dati disponibili, ovvero i dati storici, scientifici attuali, normativi. Le fonti storiche e la ricerca di tracce di paleosismicità hanno visto la produzione di numerosi dati provenienti da reperti archeologici e nei monumenti megalitici sardi (Domus de Janas e Nuraghi). I primi dati certi si riferiscono al 1616. Si tratta del primo evento sismico noto in Sardegna, venne avvertito, a Cagliari il 4 giugno, testimoniato da una incisione marmorea nel Duomo: “A.D. 4 juni terremotus factus est 1616”. In realtà, la scossa aveva  interessato un’area piuttosto vasta, che si estendeva sino al Sarrabus meridionale, ovvero sino a comprendere Villasimius, il golfo di Cagliari, le torri di Cala Pira, San Luigi, l’Isola di Serpentara, di Porto Giunco, l’Isola dei Cavoli, di Cala Caterina, di Capo Boi, di Cala Regina fino a Monte Fenugu. Lo scenario ricostruito è conforme a quello dell’immaginario collettivo attuale: panico tra la popolazione dell’hinterland cagliaritano. La scossa ebbe ripercussioni sulle strutture esistenti; i documenti datati tra agosto e dicembre 1616 testimoniano la necessità di dover procedere al restauro di otto torri difensive, “resosi necessario per le lesioni determinate da una scossa di terremoto avvenuta appunto nel giugno precedente”. L’analisi dei dati noti non individua l’epicentro che rimane incerto, ma viene indicato nei pressi di Siliqua nella zona di Acquafredda. Si ipotizza che l’evento sia riferibile ad una scossa piuttosto forte, con una intensità compresa tra il 6° e il 7° grado della scala Mercalli (magnitudo ~ 6.1). In questo caso il sisma sarebbe quindi una conseguenza della dinamica del bacino del Tirreno meridionale ovvero alla intensa attività vulcanica nel fondo del Tirreno dei noti vulcani di Vavilov, Marsili e Magnaghi. Si tratta di una importante attività vulcanica iniziata circa 10 milioni di anni fa a seguito della collisione tra la placca Africana e quella Euroasiatica che ha portato alla costruzione degli Appennini.

Notizie di altre scosse e di altri terremoti si hanno negli anni 1771, 1838 e 1855. Quest’ultima scossa avvertita a Muravera, con epicentro probabile a Capo Ferrato, in cui si rinviene il primo episodio sardo dell’attività vulcanica, prettamente lavica, riferibile a 5,5 milioni di anni e concomitante con quella del Mediterraneo. Altri episodi nel 1870, 1887, 1924, 1948, 1960, 1970, 2000, 2004, 2006, 2009, 2010, 2011 e 2012. L’analisi dei dati su base storiche sembrerebbe supportare un giudizio cauto, ma decisamente orientato ad un giudizio controcorrente al pensare comune: la Sardegna è oggetto nel tempo di scosse telluriche.

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Il territorio italiano è nella sua totalità classificato a rischio sismico e solo il 6% della popolazione (fonte Enea) è realmente inconsapevole di abitare in area a rischio sismico. Gli isolani della Sardegna, a parte i geologi, sembrerebbero nella totalità convinti, ma non informati, della inclusione della Sardegna tra le aree a rischio sismico. La cartografia che riassume ad oggi i dati disponibili sull’intero territorio italiano è sintetizzata nella “massima intensità macrosismica risentita in Italia” (1995), rintracciabile nel sito del Gruppo nazionale per la Difesa dai terremoti (Gndt), viene indicata parte della Gallura settentrionale come soggetta ad eventi sismici passati del VI grado della scala Mercalli. La produzione normativa arriva con l’ordinanza della Protezione civile (numero 3274), nella quale la Sardegna viene nella sua totalità classificata in zona 4. La classificazione fa seguito ad una pura esigenza normativa e non deriva da alcuno studio specifico sul picco di accelerazione Pga atteso. L’ordinanza rappresenta un primo passo verso l’esigenza di classificare e normare il fenomeno sismico e pone un primo punto che dovrebbe essere epocale: le sedi delle strutture fondamentali dello Stato, cioè gli organismi governativi devono essere costruiti secondo la normativa sulla sicurezza sismica. Tra gli altri, gli uffici territoriali di governo, dei Vigili del fuoco e delle  forze armate e di polizia; dell’Istituto di geofisica e vulcanologia, della Croce rossa, del Soccorso alpino, della Rete ferroviaria, dei proprietari della rete di trasmissione e delle reti di distribuzione e di produzione di energia elettrica ecc.

Il decreto del 2008 sulle “Nuove norme tecniche sulle costruzioni” segna una nuova visione sulla normativa in merito alla sicurezza sismica degli edifici. Infatti, non si classifica più il territorio in classi ma in funzione dell’opera da realizzare ovvero del tipo di costruzione, del sottosuolo e della classe d’uso definita dal grado di affollamento delle persone e dall’importanza strategica dell’edificio o dell’opera. In definitiva si può concludere che il territorio isolano è a rischio sismico anche se di grado minimo ovvero 4, definito unicamente dalla normativa in assenza di studi geologici specifici. L’importanza degli studi specifici ovvero sulla pericolosità di base e di micro zonazione sismica appare inequivocabile e, il geologo, come il medico, ha necessità di analisi specifiche prima di emettere una diagnosi.

Allora, occorre sensibilizzare la classe politica e nello specifico gli amministratori a: 1) emanare norme regionali sulla difesa del suolo che indichino il corretto comportamento progettuale con individuazione della corretta azione sismica; 2) campagna di sensibilizzazione sul corretto comportamento in caso di calamità (alluvioni, frane, terremoti); 3) provvedere allo studio della pericolosita di base e di microzonazione sismica per tutto il territorio sardo, finora totalmente escluso da queste analisi e completare la cartografia geologica di base; 4) censire lo stato delle attuali costruzioni attraverso la produzione del fascicolo strutturale del fabbricato; 5) incentivare azioni di rafforzamento strutturale dei fabbricati.

Per chi avesse ancora delle reticenze in merito alla suscettibilità sismica del territorio sardo l’invito a riflettere lo danno gli amatori di Sardegna Clima Onlus che nel loro sito, già dal 29 ottobre, pubblicano i sismogrammi registrati dalla stazione di Ollolai e relativi ai terremoti che in questi giorni stanno interessando il mar Tirreno e il centro Italia.

Dario Cinus, Antonello Frau, Cosima Atzori – Geologi