Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Pirri, la rabbia dei residenti sotto il diluvio

Fonte: L'Unione Sarda
19 settembre 2016

Notte da incubo nelle vie del rione

 

 

 

Rabbia, certo. Ma anche sarcasmo: «Questo è il risultato del collaudo dei vasconi che dovevano salvare Pirri, costati milioni». La voce arriva da dietro il bancone del bar Mariuccia. Mentre in quattro con secchi, stracci e scope in mano lavorano per buttare fuori l'acqua che ha invaso il locale. Sono le 5,20 del mattino, in via e piazza Italia nessuno dorme più. L'onda che ha sommerso il quartiere è appena passata. Sotto i portici sono alzate le serrande del parrucchiere, della macelleria, della caffetteria: tutti allagati. Ancora voci da Mariuccia: «Dov'è la protezione civile? Solo poco fa hanno chiuso le strade, ma ora a cosa serve?». I lampioni nella piazza si accendono a intermittenza. I lunghi momenti di buio sono rischiarati dai lampeggianti dei mezzi di vigili del fuoco e della Municipale. Via Stamira, via Su Planu, via Santa Maria Chiara, la piazza, fino a via Mara e via Dolianova: erano il letto di un fiume impetuoso. L'acqua è arrivata a oltre mezzo metro. Ha trascinato auto che sono finite una sull'altra, cassonetti, divelto tombini, squarciato l'asfalto. Ed è entrata dentro le case, un'altra volta. All'alba manca più di un'ora. Ma la gente è tutta in strada, nei garage, negli scantinati. Per provare a limitare i danni.
FURENTE «Avete trovato il proprietario?»: un vigile urbano parla con la centrale. È davanti a una Mini bianca in mezzo alla carreggiata. L'abitacolo è sommerso fino al volante: l'auto è stata trascinata per decine di metri, ha il paraurti staccato e il bloccasterzo. Davanti al negozio di attrezzi per la pesca, Andrea Scioni indossa una muta corta da sub e ciabatte. È furente: «Quel negozio ce l'ho allagato, devo vedere questo, ma sarà la stessa cosa. Scrivetelo che quei vasconi non servono a niente. Soldi buttati per un progetto fatto male». Parla, come tutti, delle opere realizzate dal Comune che avrebbero dovuto ridurre il rischio idrogeologico. Uno è in via Stamira, sotto le torri di Monreale: la grata è coperta di detriti. «Sì, li hanno fatti e collaudati, dicono. Ma se non puliscono i tombini il risultato è comunque questo»: Ignazio Corona con il getto della pompa indica il segno del fango sul cancello della sua abitazione di via Balilla. È più alto della sua vita. Le donne di casa stanno spazzando lo sporco dal salone, coperte da uno scaccia acqua. «Almeno oggi non ci ho rimesso la macchina, come l'altra volta», dice un ragazzo accanto a lui. Qui ormai si fa il confronto tra alluvioni. Tutti cercano di avviare i motori bagnati delle auto.
L'AUTO «Divieto di sosta in caso di allerta meteo». Accanto al cartello c'è un'utilitaria Wolksvagen sopra il cofano di un altro mezzo. «Era parcheggiata venti metri più su», dice il proprietario. Poteva: l'allerta non è stata lanciata. La zona è a rischio. E Fiammetta Piras, in via Mara, ormai sa cosa fare: «Abbiamo aperto noi i tombini per far defluire l'acqua», racconta con la scopa in mano. «Vivo qui da molti anni, è sempre così quando piove forte. La gente ha svenduto le case». Interventi fai da te, dappertutto. Sulla stessa strada Fabrizio Piras sta litigando con un vigile. Ha la casa allagata, il letto zuppo, un bimbo di pochi mesi al piano superiore: «Dove sono tutti? Nessuno ci ha avvertito. Io sono pagato per fare lo psicologo, quelli della protezione civile per cosa li pagano?». Ricomincia a piovere.
Enrico Fresu