Rassegna Stampa

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Anche la Sardegna nella spirale dell’emergenza sbarchi

Fonte: web Ad Maiora Media
12 settembre 2016

 

Mentre il Regno Unito annuncia il varo di un muro anti immigrazione a Calais, sulle coste della Sardegna si registrano ancora sbarchi di migranti. Ad approdare sull’Isola stavolta sono in oltre 1.500 condotti in due viaggi separati verso il Porto canale cagliaritano che vanno ad aggiungersi alle migliaia di stranieri già accolti e ospitati nei principali centri del territorio isolano, con strutture dell’accoglienza da tempo sature e ai limiti del collasso. Anche in queste circostanze è da rimarcare lo sforzo della Capitaneria di porto di Cagliari, della Prefettura e di associazioni di volontariato, Protezione civile e personale sanitario che hanno allestito il primo campo di accoglienza e fatto fronte con impegno e preparazione all’emergenza.

In una terra martoriata già di suo da una crisi economica feroce, da una emigrazione soprattutto giovanile che in tanti casi si traduce in spopolamento di interi territori e una disoccupazione che diventa ogni giorno che passa sempre più spaventosa, il Governo italiano irrompe in questa triste quotidianità facendo dono ai sardi di un altro, poderoso grattacapo. Un grattacapo ulteriore che scompagina la lista delle priorità nell’Isola: un grattacapo in più a cui, comunque la si pensi, saranno i sardi, e loro soltanto, a dover provvedere. Così, mentre il governatore Pigliaru protestava nei confronti del governo reclamando a gran voce «il rispetto rigoroso delle quote assegnate», da Roma veniva comunicato in via ufficiale l’aumento delle quote dei richiedenti asilo assegnati all’Isola pari a ulteriori 1.200 unità. Come a dire che la situazione di emergenza di ieri è diventata la normalità di oggi, da subire in silenzio punto e basta.

Giusto per dare un’idea della situazione , basta menzionare quanto accaduto nel Sulcis, dove in più riprese fino ad oggi sono arrivati su mezzi di fortuna circa 500 migranti, con un’alta percentuale di minori, tutti di nazionalità algerina. A favorire questi sbarchi la brevità del tragitto e le condizioni meteo favorevoli. Uomini e donne che non rientrano nelle quote decise a tavolino a Roma, a tutto discapito del Sulcis, una delle terre più povere del Paese, da tempo allo stremo e in attesa di una risposta degna di questa nome su problemi atavici a cominciare dal lavoro. Una risposta che non vuole arrivare mai.

Sta di fatto che questa notte continua dell’emergenza non accenna a finire mai, e nessuno riesce a scorgere i segnali di un’alba prossima ventura all’orizzonte. Conflitti feroci e regimi dispotici in Africa e Medio oriente non sembrano in procinto di lasciare spazio a giovani e pacifiche democrazie, così nel Vecchio continente si continua a imboccare la strada di chi spera che la nottata passi in fretta, ma ormai è evidente che non può essere questa la soluzione. Così, si rimane tutti avvinghiati a un’emergenza che si porta appresso una pioggia di altre emergenze: quelle igienico sanitarie e della profilassi, quelle sulla convivenza civile e sull’ordine pubblico e quelle sui minori non accompagnati, che richiedono un’organizzazione a parte, ancora più specifica e qualificata. Un coacervo di questioni che spesso ipoteca per sé l’impegno delle forze dell’ordine, sottraendole ad altri compiti vitali per la nostra società. Così, da pesante che era la situazione si fa sempre più insostenibile. E ogni giorno che passa la stanchezza diviene malcontento, e il malcontento si trasforma in rabbia. Una rabbia unita in modo indissolubile a una domanda: che fine ha fatto il buonsenso?

Nicola Silenti

(admaioramedia.it)