I funerali di Nenè: la maglia sulla bara, l'omaggio dei tifosi, il pianto degli amici
Il sorriso amaro di Riva: toccherà anche a me
La basilica di Bonaria, pur nella sua maestosità, si è rivelata troppo piccola per riuscire a contenere l'affetto del popolo rossoblù arrivato per l'ultimo saluto a Nenè, uno degli eroi del Cagliari dello scudetto, morto sabato a 74 anni. C'era una folla immensa, migliaia di persone. Chi non è arrivato per tempo si è dovuto accontentare di seguire il rito funebre all'esterno.
Un lungo applauso, accompagnato da un coro sempre più forte, “Forza Nenè”, accoglie il feretro all'ingresso della basilica. A guidare la fila che accompagna la bara sotto l'altare c'è Gigi Riva, visibilmente commosso. “Rombodituono” appoggia sulla bara la maglia bianca con i bordi rossoblù numero 8, quella di Nenè, amico fraterno, compagno prezioso di quella favola che si chiama scudetto. «È un grande dolore», dice Riva, «Claudio era capace di marcare giocatori pericolosi, di giocare come ala, di segnare. Sapeva far tutto. È stata una fortuna che sia venuto da noi, io gli dico grazie per quello che ha fatto per me e per la squadra. Senza di lui, il Cagliari non avrebbe vinto lo scudetto».
In chiesa, a rendere omaggio a «un'icona di sport, etica e generosità», come l'ha definito monsignor Arrigo Miglio, arcivescovo di Cagliari, durante l'omelia, oltre ai familiari del giocatore, brasiliano per nascita ma sardo per scelta, ci sono quasi tutti gli ex rossoblù, come Beppe Tomasini, Ricciotti Greatti, Adriano Reginato, Mario Brugnera, Cesare Poli, Gigi Piras, Roberto Quagliozzi, Gianni Roccotelli. In prima fila, anche Augusto Frongia, medico del Cagliari dello scudetto, sull'altro lato della chiesa Michele Di Martino, ex sindaco di Cagliari, per molti anni dirigente rossoblù. Presente anche Antonello Cuccureddu. Ci sono anche rappresentanti del Cagliari di oggi: insieme al direttore sportivo Capozucca, Joao Pedro e Farias, brasiliani come Nenè. Presenti anche il sindaco di Cagliari Massimo Zedda, e gli amici di sempre, Sandro Camba (suo curatore legale), e Nando Sechi, assessore alle Politiche sociali.
«La prima parola che vorrei dire è grazie», esordisce nell'omelia monsignor Miglio. «I sardi non dimenticano l'aiuto che hanno ricevuto da Nenè, con la sua presenza, con le sue giocate. Ma grazie anche a tutti coloro che in questi anni sono stati accanto a Claudio, ricambiando l'affetto che lui ha dato all'Isola».
Insieme ad Arrigo Miglio, per l'omelia c'è anche monsignor Pier Giuliano Tiddia, cugino di Mario, che ha allenato il Cagliari tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. «Di Nenè si ricorda la sua capacità atletica, la sua bontà, la sua cordialità, io, però, amo ricordarlo anche come uomo che credeva in Dio. Era maggio del ‘66, Nenè mi chiese di confessarlo, manifestando la fede che portava con sé fin da bambino». Parte l'applauso di Bonaria, Tiddia lo interrompe per un istante, il tempo di pronunciare ancora due parole, «Grazie Claudio», e riparte l'ovazione.
Quando il feretro lascia la Basilica di Bonaria fra due ali di folla, nel grande piazzale ad attenderlo ci sono anche gli Sconvolts con un lungo striscione: «Ciao Claudio, leggenda rossoblù». La bara viene caricata sull'auto, direzione cimitero San Michele. L'ultimo ad andare via è “Rombodituono”. La folla grida: “Gigi, sei un grande”. Lui accenna un sorriso amaro: «Toccherà anche a me».
Mauro Madeddu