Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Comuni, stop ai permessi facili Giro di vite sulle licenze “politiche” dei consiglieri dal lavoro

Fonte: L'Unione Sarda
4 luglio 2016

La Regione applica la norma nazionale: no a interi giorni liberi per partecipare all'Aula

 

È una questione di spending review, di opportunità politica e se vogliamo pure di buon gusto. Sono finiti i tempi in cui i consiglieri comunali potevano godere di un intero giorno libero dal lavoro per partecipare alle sedute dell'assemblea civica che, capita, a volte durano anche soltanto poche decine di minuti. Oppure, succede anche questo, è il singolo componente che fa una breve comparsa, risponde all'appello e se ne va.
C'è il giro di vite di una legge nazionale e la Regione - contrariamente a qualche anno fa - sembra assolutamente d'accordo, nel senso che non farà niente per modificarla. Certo, gli amministratori locali non ci stanno, vorrebbero continuare ad avere quel piccolo diritto (o privilegio?) e combattono per conservarlo. Molti sono sulle barricate, ma né la Giunta né il Consiglio regionale hanno intenzione di intervenire. «Sarebbe un provvedimento di sicura impugnazione, la norma riguarda il contenimento della spesa pubblica, la Regione non ha alcuna competenza e non deve neppure recepirla», sottolinea l'assessore agli Enti locali Cristiano Erriu.
Dunque, il decreto è del 2011 - “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo” - e dentro si trova la disciplina «sui permessi e le licenze dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati, chiamati a ricoprire cariche elettive» che limita la durata dei permessi dei consiglieri per le sedute consiliari al «tempo strettamente necessario per la partecipazione a ciascuna seduta dei rispettivi consigli e per il raggiungimento del luogo di suo svolgimento». Comunque, maglie neanche esageratamente strette: «Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario serale, i lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle 8 del giorno successivo e, nel caso in cui i lavori dei consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata successiva».
Valeva per tutti, per la Sardegna no. Perché a febbraio del 2012 una legge regionale ha escluso l'applicazione, «nelle more» di una disciplina organica dell'ordinamento degli enti locali, consentendo ai consiglieri comunali di continuare con il vecchio sistema: permesso retribuito per l'intera giornata in cui sono convocati i consigli, a prescindere da quanto si sta in aula.
Per dovere di cronaca bisogna ricordare che è l'ente pubblico che “rimborsa” il datore di lavoro per tutte le ore pagate al consigliere e non effettivamente lavorate. Insomma, sono costi per il Comune.
Poi, finalmente, è arrivato il “Riordino del sistema delle autonomie locali della Sardegna”, la legge 2, entrata in vigore a febbraio scorso, ma la faccenda non è stata trattata.
Che fare? Bé, per le amministrazioni locali la strada da seguire sarebbe abbastanza pacifica: si procede come sempre, permesso tutto il giorno. Molti sindaci si sono rivolti all'Anci, che ha chiesto un parere legale agli avvocati Stefano Porcu e Mauro Barberio, i quali hanno sostenuto che fino a quando non interverrà una norma regionale ad hoc, nella nostra regione non si applica la normativa statale. Ovvero: permesso tutto il giorno.
A fine aprile, la direzione generale dell'assessorato regionale enti locali, in una circolare inviata ai comuni, alle unioni di comuni, alle comunità montane, ai consorzi di comuni e alla città metropolitana di Cagliari, ha evidenziato che «la questione si presenta ermeneuticamente complessa», quindi «si ritiene prudenzialmente di dover applicare la disciplina nazionale (cioè i consiglieri hanno diritto ad assentarsi dal servizio per il tempo strettamente necessario...) in attesa di un'eventuale interpretazione autentica del Consiglio regionale». Cosa che non accadrà.
«Comprendo le rivendicazioni dei sindaci», dice Francesco Agus, consigliere regionale di Sel e presidente della Commissione autonomia, «ma non c'è proprio nessuno spazio di manovra. Questa è una norma di finanza pubblica, la competenza è esclusivamente dello Stato, se la Regione legiferasse in maniera contraria ci sarebbe sicuramente l'impugnazione. E comunque, è una norma che vale per chi timbra il cartellino, e non ci trovo nulla di scandaloso: non vedo perché ci debbano essere differenze tra chi fa il consigliere comunale, per dire, in Basilicata, o a Capoterra».
Cr. Co.