Il sindaco riconfermato: «Non è un miracolo, questo centrosinistra è ormai una certezza». «Sono riuscito a tenere unita la coalizione, a non far litigare i partiti e a riportare a casa il Psd’Az»
di Umberto Aime
CAGLIARI. Dategli del sindaco-panda, di quelli rossi e arancioni in via d’estinzione, oppure del gommoso, petaloso, buono, e lui che fa dopo aver scosso la testa? Massimo Zedda, che ha rivinto le Comunali e stavolta al primo turno, tira fuori lo sguardo da tigre e un ruggito da re della foresta. Di getto, a caldo, dopo aver aspettato per sedici ore, chiuso in Municipio, che una matematica, dispettosa, e anche l’ultima sezione, in mostruoso ritardo, confermassero quel trionfo già sicuro dal giorno prima.
Il miracolo continua.
«Non siamo più una sorpresa. Cinque anni dopo, abbiamo trasmesso sicurezza, ottimismo e siamo diventati una certezza».
Non solo cagliaritana.
«Basta con questa storia che sono un caso nazionale, da proteggere e portare in processione. Sono solo uno che è riuscito, con i fatti e le idee, a tenere assieme la coalizione, a non far litigare i partiti e anche a riportare a casa, nel centrosinistra, il Partito sardo d’azione».
Gioco perfetto, in una sola mossa.
«È merito di tutti, anche del mio partito, Sel, che è cresciuto nei voti, degli alleati e molto anche del Pd».
Subito i ringraziamenti.
«Ringrazio chi ha votato non solo Zedda, ma il nostro programma da oggi e fino al 2021, per realizzare un città europea e felice».
Ringrazia anche Renzi?
«Sì e per due motivi. Il primo: mi ha sostenuto anche se non sono un iscritto al Pd. Secondo: perché, in campagna elettorale, non è sbarcato, a Cagliari, per fare una passerella senza portare risultati concreti».
Che ora arriveranno?
«Certo, il Patto per la Sardegna è pronto e quello che porterà in dote 168 milioni da investire nella Città metropolitana lo stesso».
Ringrazia anche Pigliaru?
«Con il governatore abbiamo lavorato sempre in sintonia, qualcuno ha provato a metterci contro senza riuscirci. Poi la pensiamo allo stesso modo: Cagliari deve e dovrà essere il locomotore della Sardegna. Il governatore è venuto a trovarmi per complimentarsi e ce lo siamo ridetti. Noi abbiamo bisogno degli altri Comuni e gli altri di noi».
Sicuro e spavaldo.
«Sono sincero, sin da domenica notte avevo capito come sarebbe andata a finire. Andati subito in vantaggio, dalla mezzanotte in poi sempre stati sopra la soglia del 50 per cento».
Mai pensato al doppio turno?
«No. Ma se anche ci fosse stato, avremmo comunque vinto noi: molto a poco».
Tiri fuori la sfera di cristallo: è con quella che legge il futuro?
«Qui non ci sono magie. Ho avuto sentore che sarebbe andata alla grande dalle chiacchierate con i tassisti, all’edicola e nei negozi. Dico di più: a darmi l’ultima e decisiva certezza sono stati i sorrisi. Ho visto allegria e tanta voglia di credere ancora in un progetto cominciato nel 2011 e che non poteva concludersi dopo solo cinque anni».
Temeva più la destra o i Cinque stelle?
«La prima l’abbiamo sconfitta con i fatti. Gli altri li abbiamo anticipati sempre con i fatti: sacrifici personali, tagli agli sprechi, spese sobrie, zero feste e molti cantieri. Con la politica del fare, abbiamo conquistato anche l’elettorato di protesta e in fuga dalla politica».
C’è stato comunque un crollo nell’affluenza: - 11 punti.
«No, cinque anni fa i seggi rimasero aperti mezza giornata in più e il lunedì andò a votare il 21 per cento dei cagliaritani. Il confronto andrebbe fatto invece fra questa domenica e il ballottaggio del 2011. Di fatto, il valore è lo stesso: siamo al di sopra del 60 per cento».
Ha temuto un possibile fuoco amico?
«Mai. La coalizione di centrosinistra è stata compatta anche se le differenze restano. Però finalmente abbiamo capito che uniti si vince, se si resta in conflitto perenne, prendiamo solo batoste».
L’accordo Cagliari è esportabile?
«Pd e Sel mai dovrebbero interrompere i contatti. Sono fiducioso, anche a livello nazionale può riprendere il dialogo a sinistra. Con il ritorno a casa del Psd’Az , credo potrebbe accadere qualcosa di simile e interessante anche in Regione».
Il suo trionfo che effetti avrà su Pigliaru e la sua giunta?
«Ottimi. Oggi io, lui e il centrosinistra siamo tutti più forti».
Attenzione, però, c’è subito uno scoglio: il referendum costituzionale. Dentro il centrosinistra c’è chi voterà sì e altri no. Lei da che parte sta?
«Non ho avuto ancora il tempo di leggere la riforma. Lo farò presto».
Si nasconde per non deludere nessuno?
«Sono uno che ci mette sempre la faccia e sarà così anche questa volta».
Se nel 2019 le dovessero proporre il posto di candidato-governatore, accetterebbe?
«Non è un problema di oggi».
Non lo esclude.
«Ripeto, vedremo».
La chiusura è a tema libero, prego.
«Dedico la vittoria a mia madre, che da tre mesi è ricoverata in ospedale».