La processione lascia via Roma e cambia l'atmosfera: a bordo strada niente più turisti, gli indumenti sono meno ricercati di quelli visti sulle tribune, si notano (un po') meno smartphone e (molte) più scarpe da ginnastica. Via Sassari è una galleria del vento: raffiche che stordiscono e mettono freddo nelle ossa. Da qui in poi, Sant'Efisio è un'altra cosa: c'è da camminare e pregare fino a Giorgino. Chi prosegue è, definitivamente, un pellegrino.
Alle 14, da piazza Matteotti sbucano le vesti azzurre dell'Arciconfraternita e, poco dopo, le corna infiorate e dorate dei buoi. È il cocchio, è il Santo: l'attesa è ripagata.
In viale La Playa si cambia marcia. La folla, a bordo strada, si dirada, i buoi aumentano l'andatura e chi segue deve adeguare il passo. « Immoi no è prus una passillara », sorride Gabriella, bottiglietta d'acqua in mano e zainetto sul petto. Sono (siamo) tanti, in marcia: ma i conti si fanno dopo la semoleria, dove si defilano uomini e donne dell'arciconfraternita e chi è diretto al parcheggio. Ci si arriva alle 14,18. E a seguire il Martire restano (restiamo) in tanti.
I più vicini al cocchio rispondono con più grinta al rosario guidato da don Francesco Farris. Si prega con intonazioni diverse: implorante la signora sulla sessantina che cammina scalza, le ballerine sottobraccio; perentorio e ritmico il signore sulla settantina, tarchiato, mani da contadino, nipotino per mano; a fior di labbra un'altra scalza, una ragazza sui venti, blusa coi cuoricini e anello d'acciaio al naso.
«Hai notato che da un po', finalmente, molti si avvicinano a toccare il reliquiario?», domanda Andrea Angei. È il sacrista dell'arciconfraternita. Il reliquiario è un tempietto in legno dipinto d'oro che su una portantina precede il cocchio: contiene parte delle ossa di Sant'Efisio e viene mostrato ogni dieci anni. «Incredibile che in via Roma nessuno lo abbia degnato d'attenzione», aggiunge. Qui, invece, ogni tanto qualcuno lo sfiora e si fa il segno della croce.
Man mano che ci si allontana dal cocchio, indietreggiando nel corteo, il responsorio al rosario è meno intenso, fino a diventare sussurro, sfociare nel silenzio e, nelle retrovie, in chiacchiera. Incontrare conoscenti in questa circostanza è una sorpresa reciproca. «Ciao Paoletto! E come stai?» La risposta è una mano che oscilla, il palmo verso terra: così così. «Buona festa». È anche l'occasione per dare confidenza a perfetti sconosciuti: si cammina fianco a fianco e per rompere il ghiaccio basta un commento sul clima. Quest'ultimo, dal canto suo, non fa mancare gli argomenti: il vento, sul ponte che scavalca la laguna, rinforza. Sulla rampa che porta al Villaggio Pescatori si capisce quant'è lungo il corteo, quanti sono i pellegrini.
A Giorgino i buoi calpestano petali ed erbe, spremendo un intenso odore di menta. Il cocchio si ferma davanti alla chiesetta di Nostra Signora di Fatima: il reliquiario, scortato dalle preghiere, viene portato dentro. Resterà qua fino a domani. Nell'attesa piove un po': dagli zaini spuntano ombrelli che si aprono simultaneamente, alcuni indossano scaccia-acqua in plastica.
Il corteo riparte e subito smette di piovere. Resta da affrontare il lungo rettilineo fino a villa Ballero. Qui c'è la chiesetta in cui Sant'Efisio entra, viene spogliato degli ori e degli abiti di gala, rivestito ed esposto al contatto diretto coi fedeli. «Sono qui per sciogliere un voto fatto in tempo di guerra», racconta Angela, gentile signora di una certa età. Il voto, spiega, l'aveva formulato Salvatore, cagliaritano doc morto una decina d'anni fa a 85 anni: «Durante la Seconda guerra mondiale era disperso. Si votò a Sant'Efisio: se mi fai tornare a casa seguirò la sagra tutti gli anni ». E così fu. «Ero io ad assisterlo negli ultimi tempi, quando non era più in grado di muoversi da solo. Via Roma non gli piaceva: amava venire qua, diceva che c'era gente semplice. A tu per tu con Efisio, a Giorgino, lo accarezzava e gli chiedeva: Fa' che possa tornare l'anno prossimo . L'ultima volta stava male: lo accompagnai, accarezzò il santo ma non gli chiese nulla. Ci rivedremo nell'altro mondo , mi disse. È morto il febbraio successivo». Da allora, Angela non perde un Sant'Efisio. «Mio figlio, la moglie e mio nipote nemmeno. E ogni anno rimorchio qualche amica», sorride. Attrus annus .
Marco Noce