Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Il teatro è un incontro di anime»

Fonte: L'Unione Sarda
5 aprile 2016

L'intervista A tu per tu con Pippo Delbono

 

 

 

L 'inesorabilità del tempo che passa, lo smarrimento sociale, il vuoto culturale, la disgregazione dei rapporti umani: questi i temi che da sempre animano il teatro di Pippo Delbono. Buddista, anarchico, pacifista, antiomofobo, performer-danzatore, cantante europeo, cineasta sperimentale, attore e regista anomalo, da domani (alle 20.30) al Teatro Massimo di Cagliari con lo spettacolo “Orchidee”, in cartellone fino a domenica 10 aprile per la stagione de La Grande Prosa firmata Cedac.
Iniziamo dal titolo, perché Orchidee?
«L'orchidea è un fiore che porta con sé tante cose. Un fiore ambiguo, può apparire persino mostruoso, è un fiore che rimanda alla sessualità, agli organi genitali, al mito. Ha tante varietà, è bellissimo ma non sai mai se è vero o no e per questo l'impulso di toccarlo è quasi irresistibile. Lo spettacolo gira intorno a questa relazione tra il vero e il falso. Ho la sensazione oggi di vivere in un mondo dove non sai mai cosa sia reale e cosa no».
“Orchidee” è un viaggio in quale tempo dunque?
«Un tempo presente dove il teatro è molto importante. Un tempo che parte da oggi ma che va avanti e indietro. Non c'è una narrazione temporale, non mi interessa raccontare una storia ambientata in un momento, è anti-politico, nel teatro possiamo viaggiare in altri tempi, nel mio spettacolo si arriva addirittura a Nerone, così come si parla dell'Italia, della Francia, dell'Europa, del razzismo, dell'amore e si parla di mia madre».
A proposito di sua madre, e della morte, si parla anche di perdite.
«Il tema della morte è forte. È grande il vuoto che mi ha lasciato mia madre quando è andata via per sempre. Lei che dopo i conflitti, le separazioni, avevo rincontrato per ridiventare amici. Nello spettacolo però il vuoto è una tematica che si affronta in rapporto alla vita. Non soltanto morte come dolore, ma anche come morte del teatro che è rimasto vecchio, che non sta più in questo tempo. “Orchidee” rappresenta anche questo».
Il suo è un teatro dove invita lo spettatore a lasciarsi andare.
«C'è un momento in cui invito il pubblico ad abbandonarsi, a non restare soltanto lì seduto con questa ossessione del capire. Mi piace pensare al teatro come luogo di incontro con persone diverse. Bergman diceva: “il teatro è un incontro tra essere umani. Tutto il resto non conta”».
Bellezza, amore e poesia, ma lei dice anche che questo mondo le fa schifo. Questo disgusto come si combatte?
«Provo a combatterlo rimettendo la speranza, in questo mi aiuta anche il buddismo. Quando un fuoco si sta spegnendo cerco di accendere delle piccole fiammelle dentro di me. Non dobbiamo fermarci. In questo momento ciò che mi dà lo stimolo a continuare con questo mestiere è un fatto politico e spirituale, entrambe parole importanti».
Lei continuerà sempre a parlare e a scrivere d'amore?
«Sì, è una parola che a me interessa molto, come alla maggior parte delle persone. Dobbiamo riprenderla, scorporarla di tutti i mielismi e restituirgli la forza rivoluzionaria che ha. Amore vuol dire verità, “la vera arte nascerà quando inizieremo ad amare la bellezza della verità”».
Simona Arthemalle