Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

L'archistar visionaria

Fonte: L'Unione Sarda
1 aprile 2016

Architettura Fatale un infarto durante un ricovero in ospedale a Miami. Aveva 65 anni

È morta Zaha Hadid, disegnò il nostro futuro 

A sedurre era la morbidezza dei suoi progetti, sinuosi, obliqui, pieni di luce. Magari in dialogo tranquillo con il mare, come aveva immaginato il Betile, il museo dell'arte nuragica e dell'arte contemporanea pensato e progettato per Cagliari. Aveva visioni degli spazi abitativi così originali e potenti da rompere gli schemi. E far dire ai suoi detrattori che sarebbe stato «difficile gestire e ancor più abitare quello spazio». Ma lei, Zaha Hadid, replicava sicura e senza lasciare appello: «È un concetto». Ieri, la grande e geniale protagonista dell'architettura contemporanea se n'è andata a 65 anni. Tradita dal suo cuore, appassionato, tenace ma troppo stanco per sopportare le serie complicazioni di una bronchite che l'avevano costretta al ricovero in un ospedale di Miami.
Era nata a Baghdad il 31 ottobre del 1950 in una famiglia benestante ed era «cresciuta - raccontava - in uno dei pochi edifici in stile Bauhaus della città». Curiosa coincidenza della vita che in qualche modo si era portata dietro per tramutarla ogni volta in opere, disseminate poi per il mondo - dal Maxxi di Roma al London Olympic Aquatic Centre, dal The Peak di Hong Kong al Dongdaemun Design Plaza & Park a Seul - in ponti verso orizzonti di futuro. Un talento riconosciuto. E premiato nel 2004 con il Premio Pritzker, che in architettura equivale al Nobel, prima donna architetto a vincerlo. Ma ha vinto anche due volte lo Stirling, il concorso promosso dal Royal Institute of British Architects, consegnandole, sempre prima donna, anche la medaglia d'oro.
Dopo la laurea in matematica all'American University di Beirut, si era trasferita a Londra (aveva la cittadinanza britannica) per studiare architettura presso l'Architectural association e qui era entrata in contatto con l'architetto svizzero Bernard Tschumi e con il collega urbanista olandese Rem Koolhaas che l'avevano accolta nel loro studio, l'Office for Metropolitan Architecture (OMA) fino a farla socia nel 1977.
Tre anni dopo aveva fondato il suo di studio lo Zaha Hadid Architects, dove lavorano 246 architetti, con sede in un ex edificio scolastico vittoriano a Clerkenwell, Londra: «È con grande tristezza - si legge nel sito ufficiale - che lo Zaha Hadid Architects conferma che Dame Zaha Hadid, è morta improvvisamente a Miami nelle prime ore di questa mattina. Aveva contratto la bronchite all'inizio di questa settimana e ha avuto un improvviso attacco di cuore durante la degenza in ospedale. Zaha Hadid è il più grande architetto donna di oggi».
Le sue opere figlie del Decostruzionismo che mette in crisi la scatola abitativa, sono esempi di una ricerca complessa che rilegge il concetto di spazio, progetto e, anche, di utilizzo dei materiali. Tutti con un'impronta forte, riconoscibile. Archistar adorata e contestata aveva progetti in tutto il mondo, dagli Usa a Hong Kong, Dubai, Giappone, all'Azerbaijan (suo il Centro culturale di Baku), all'Italia (a Salerno la Stazione marittima).
Al quotidiano inglese The Guardian, che la aveva eletta tra le 50 persone più eleganti del pianeta, aveva raccontato che «quando la gente vede cose fantastiche, la prima cosa che pensa è che non siano possibili. Invece non è vero: noi siamo capaci di costruire cose formidabili».
Caterina Pinna