Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Molentargius, espropri al via Altri 15 ettari dentro il parco

Fonte: L'Unione Sarda
25 marzo 2016


Sì del Consiglio al recupero del Bellarosa e delle vasche delle saline

 

Si erano lasciati con un preciso impegno, nella seduta del primo marzo, i consiglieri di maggioranza e opposizione. Prima di riportare in Aula, per la votazione definitiva, il Piano di tutela ambientale di Molentargius, sarebbe stato necessario ascoltare gli specialisti, gli ingegneri che hanno stilato il progetto per la riqualificazione del Bellarosa maggiore, delle vasche delle saline e della Piana di Is Arenas. Così è stato.
La commissione Urbanistica ha disposto l'audizione dei professionisti e il documento (condiviso dal Consiglio comunale di Quartu) l'altro pomeriggio è tornato in Assemblea. E il Consiglio ha detto sì. Aprendo la strada non solo agli interventi di valorizzazione ma anche agli espropri di quei 15 ettari di territorio, oggi privati, che dovranno essere acquisiti al patrimonio comunale. Esattamente come toccherà agli altri venti ettari di competenza quartese.
Intanto ci sono pronti da spendere venti milioni di euro. Il progetto è diviso in due fasi. La prima comprende il ripristino del funzionamento degli argini del sistema dei canali delle acque salate. Un lavoro delicato e fondamentale per ripristinare la corretta circolazione idraulica, indispensabile per favorire la biodiversità delle tante specie animali e vegetali rappresentate nello stagno e nelle sue diramazioni. Servirà anche a far ripartire la piana di Is Arenas. «Questo complesso intervento - ricorda il presidente della commissione Urbanistica, Andrea Scano - impegnerà circa quindici milioni». Altri cinque milioni e mezzo serviranno per la seconda fase del progetto, che avverrà successivamente, e che dovrà garantire il funzionamento delle saline e il recupero di una grossa parte del patrimonio edilizio, i vecchi caseggiati oggi in disuso che potranno così seguire la stessa sorte dell'edificio Sali Scelti oggi sede della direzione del parco.
Insomma, si cambia. Anche per superare la lunga fase di attesa dopo i grandi lavori idraulici messi in campo in passato grazie al Consorzio Ramsar (120 miliardi di spesa) che avevano separato il circuito delle acque dolci da quelle salate. Un sistema di scorrimento reso possibile dall'idrovora del Poetto che porta l'acqua al Bellarosa Maggiore (vasca di prima evaporazione) e che poi, attraverso l'idrovora del Rollone (il cuore pulsante del parco), viene smistata nelle vasche di seconda evaporazione.
Il lavoro fatto dai professionisti (gli architetti Joao Nunes, Carlos Ribas e Inaki Zoilo e gli ingegneri Mauro Di Martino, Gianluca Puddu, Marco Atzori, Michele Zara, Giuseppe Frongia, Vittorio Dessì, Mauro Fanti e il geologo Simone Manconi) per ricostruire l'identità del parco, ha inoltre permesso, attraverso la sovrapposizione delle mappe, di individuare le aree a valenza ambientale e prive di edificazioni. «La delibera - ricorda Andrea Scano - non entra nel merito della spinosa questione dei residenti di Medau su Cramu ma si occupa di rendere pubblici terreni liberi da volumi». Al Parco, insomma, saranno trasferiti terreni dove non sono state realizzate abitazioni private e che oggi costituiscono un'opportunità per incrementare le aree verdi come il cosiddetto Parco delle Emozioni già fruibile da tempo.
Il futuro di Molentargius non sarà solo protezione ambientale ma anche - in testa il recupero di una parte delle saline - produttivo. «Il compendio è infatti caratterizzato - dice il presidente della Commissione urbanistica - da una struttura produttiva rilevante che un tempo consentiva la produzione di 140 tonnellate di sale l'anno». Far ripartire, seppur parzialmente, quel processo (così è stato precisato con forza in un recente convegno promosso dall'Associazione per il Parco del Molentargius), significa creare di nuovo ricchezza. Magari con la conquista di una nicchia di mercato, al pari di quanto accade in altre saline d'Italia, con la vendita del sale del Parco del Molentargius valorizzato da marchi Dop, Igp e via discorrendo. Esattamente come si farà con i prodotti dei campi: le colture biologiche potrebbero trovar posto proprio in quei terreni espropriati o in altri che resteranno agli attuali proprietari.
Andrea Piras