Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

I “cimiteri” del lavoro Un viaggio dal “Nervi” all'ex falegnameria Cao

Fonte: L'Unione Sarda
9 marzo 2016

Impegnavano centinaia di dipendenti, adesso sono abbandonati

 

La Sem, le saline (e tutti gli spazi legati a essa), la falegnameria Marino Cao: sono solo alcuni dei luoghi che, in passato, hanno ospitato centinaia di lavoratori. Luoghi che, ora, sono desolatamente abbandonati. Centro o periferia, poco cambia: tutta la città ospita “cimiteri del lavoro”.
IL RICORDO «Quando sono entrato per la prima volta, c'erano una ventina di operai. Ma la cosa che mi ha colpito maggiormente erano le foto appese ai muri: immagini che ritraevano centinaia di lavoratori insieme». Alla fine degli anni '80, Carmelo Farci, segretario della Camera del lavoro di Cagliari, era un giovane sindacalista. E uno delle prime vertenze di cui si occupava era quella relativa alla falegnameria industriale Marino Cao. Sono passati quasi 40 anni e quell'immenso spazio in pieno storico, in via San Rocco, è ancora chiuso a doppia mandata.
LA TRASFORMAZIONE Quasi il monumento alla Cagliari operaia che non c'è più. Perché la città si è trasformata, decidendo di puntare soprattutto sul terziario e sui servizi. E perché, fortunatamente, è cresciuta l'attenzione ai temi ambientali. Sarebbe impensabile oggi realizzare un impianto specializzato nella fabbricazione di materiali refrattari nel centro abitato; negli anni '60, la Sanac lavorava a pieno regime in via Bacelli.
I LUOGHI Il fatto è che, cessata l'attività, quegli spazi sono rimasti inutilizzati. L'elenco è lunghissimo. E non può che iniziare da una delle industrie storiche cagliaritane, la saline. Il Padiglione Nervi, realizzato negli anni '50, per lo stoccaggio del sale è il più noto tra gli edifici abbandonati: qualcuno vorrebbe utilizzarlo come acquario, altri lo vedono come “fabbrica delle idee”. Adesso è solo un rudere in disfacimento. Non l'unico della zona: ci sono la falegnameria, l'officina delle saline, altri spazi di servizio. Tutti, più o meno, abbandonati a se stessi. «In passato», riprende Farci, «ci lavoravano centinaia di persone, senza contare quelle legate all'indotto. Certo, con la tecnologia attuale, gli addetti sarebbe meno. Ma, puntando sulla produzione del sale, delle acque madri e di attività collaterali come i beauty center, si potrebbero impiegare un po' di persone». Nella zona, anche se non legati alle saline, anche altri luoghi abbandonati: in via Sa Perda Bianca c'era la Scac, fabbrica che produceva pali in cemento centrifugato mentre in via Cagna l'ex deposito dell'aeronautica attende di conoscere il suo futuro.
IL PORTO Forse è l'aria di mare a far sì che certi luoghi vengano abbandonati. Nella zona del porto, c'è solo l'imbarazzo della scelta: nell'area della Sem doveva nascere il campus universitario, ora sembra essere solo il “vivaio” di piante spontanee. All'interno del porto, fa bella mostra di sé (si fa per dire) il vecchio silo del Consorzio agrario, inutilizzato da anni. Proprio come l'officina dei vigili del fuoco e una vecchia azienda di lavorazione del pesce (totalmente transennata), all'esterno del recinto.
GLI EDIFICI Occorre chiedere ai più anziani per scoprire la funzione che avevano, in passato, certi luoghi. La torre che si vede dall'asse mediano all'altezza di via Ciusa faceva parte della distilleria Zedda Piras: partito come cantina per il vino, lo stabilimento si è poi specializzato sui liquori. Nel periodo d'oro, ha avuto qualche decina di dipendenti. A proposito di torri, resta ancora in piedi, a Tuvixeddu, quella della Calcidrata, l'azienda, ora a Samatzai, che produce prodotti legati alla calce.
LA RIFLESSIONI Tanti luoghi abbandonati. Spesso senza un futuro. «Questo», interviene lo storico dell'arte Marco Peri, «dovrebbe diventare uno dei temi cruciali della campagna elettorale». Per non lasciarsi al degrado. E per uscire da una sorta di riflesso condizionato. «Quando si parla di riconversioni», riprende, «si pensa automaticamente agli spazi culturali senza riflettere su ciò di cui ha bisogno la città». Questione cruciale. «A parte la Mem, non esistono luoghi di incontro, di contaminazione dei saperi. Ci provano a Sa Domu ma quel luogo deve assolvere, soprattutto, alla funzione di studentato». E gli spazi non mancano perché, in attesa dell'apertura della Manifattura tabacchi, ci sono anche luoghi come l'ex mercato all'ingrosso, l'ex carcere di Buoncammino e il Marino.
Marcello Cocco