I candidati sindaci sul futuro del nuovo ente ormai al battesimo
È al centro dei loro programmi. «Perché sulla condivisione dei servizi si gioca il futuro dell'Area vasta». Benefici, criticità, opportunità, insidie da evitare: nel racconto elettorale da proporre agli elettori, un capitolo consistente è e sarà riservato dai candidati sindaci alla nascente Città metropolitana. Il sindaco Massimo Zedda, dal 17 marzo guida del nuovo ente: «La città metropolitana è un vantaggio per tutti. L'Europa metterà a disposizione sempre più risorse per le aree metropolitane e avremo una ulteriore capacità di attirare investimenti, ma la grande sfida è quella di migliorare la qualità della vita dei cittadini nelle attività quotidiane e offrire servizi sempre migliori».
Piergiorgio Massidda ( Cagliari 2016 ) si sente «cagliaritano con forti legami con l'hinterland» (è stato nel primo Consiglio comunale di Monserrato dopo l'autonomia e a Monserrato ha un centro medico che dà lavoro a 28 persone), parla per esperienza diretta. «Esperienza che mi deriva anche dal fatto di avere avuto come collegio elettorale negli anni trascorsi da parlamentare proprio l'Area vasta. Quel che bisognerebbe evitare è la centralità di Cagliari rispetto alla periferia. Per la Città metropolitana sarei una garanzia in questo senso». Pierpaolo Vargiu ( #CA_mbia CA_gliari ) è pragmatico: «La Città metropolitana è una realtà. Possiamo scegliere se viverla come una seccatura oppure come un'opportunità». Non ha dubbi: «Nella competizione del mondo globale è cruciale il ruolo delle città e della loro identità. Cagliari oggi non ha una propria identità, non è una destinazione turistica. All'attuale Cagliari urbana, ormai ridottasi a poco più di 150 mila abitanti, spetta il compito di far crescere l'identità e la coesione della “Cagliari allargata” e della sua massa critica di abitanti e di servizi». La scommessa da vincere: «La Città metropolitana è un'opportunità per l'intera Sardegna. Giocarla senza convinzione, scettici, divisi e diffidenti, sarebbe un gravissimo errore».
Paolo Matta ( La Quinta A ) fa notare che «la prima “A” del nostro programma è la “A” di Area». Matta vede una «Cagliari illuminata capofila di una conurbazione non più subalterna o vassallo ma partner sodale e solidale». La Città metropolitana «rappresenta per Cagliari una nuova nascita, come quella dalle macerie del '43. Ora come allora occorre il taglio di un cordone ombelicale che permetta l'ossigenazione e la vita della nuova creatura. Senza questa condizione la nascente Area metropolitana è destinata a essere il carrozzone di sempre, replica della vecchia Provincia o del Casic oggi Cacip». Un dubbio: «Ma davvero, gli ingenui cagliaritani, pensano che Zedda come Massidda possano garantire un governo lungimirante e libero da condizionamenti?».
Paolo Casu ( Insieme Onestamente per Cagliari ) osserva che «come al solito la politica sarda, con la promulgazione della Legge elettorale sulla Città metropolitana, ha posto maggiore attenzione più alle poltrone politiche che ai contenuti e alle ricadute per cui le Città metropolitane sono state ideate». Casu non giustifica la «fretta con cui si deve arrivare a una prima elezione transitoria - il 17 marzo per il sindaco, il 3 aprile per il Consiglio e il 5 maggio per lo Statuto - per poi dover rivedere il tutto tra qualche mese dopo le elezioni amministrative».
Enrico Lobina ( Cagliari Città Capitale ) è per l'elezione diretta del sindaco dell'area metropolitana. «Prendiamo atto della contrarietà del Pd, e di altri, all'elezione diretta. È una posizione autoritaria. È sbagliato che ci sia un'elezione del Consiglio metropolitano ad aprile e una nuova elezione a settembre. È autoritario che i consiglieri comunali di Cagliari e di molti altri comuni in scadenza designino rappresentanti che, successivamente, approveranno lo Statuto dell'Area, in un Consiglio metropolitano a sua volta a scadenza». Le scelte della Regione: «L'area metropolitana è una grande possibilità per la Sardegna, ma l'assenza di un quadro istituzionale certo sull'articolazione dei poteri sub-regionali è confermato da una legge regionale confusa».
Pietro Picciau