Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Regalo per Cagliari: «Buoncammino ritornerà alla città»

Fonte: L'Unione Sarda
29 febbraio 2016


 La promessa al sindaco Zedda

 

«Il carcere di Buoncammino verrà restituito alla città». La promessa è pesante, arriva direttamente dal Guardasigilli Orlando, dal ministero proprietario dell'ex struttura penitenziaria cagliaritana. «Non ha nessun senso per noi mantenere edifici che non utilizziamo più. Sono solo un costo, per cui, a parte alcuni adempimenti di carattere tecnico, non c'è alcuna ragione che ci porti a non restituirli alla collettività», spiega.
«È questa la linea seguita sino a oggi dal governo, la stessa che porteremo avanti anche nel caso di Buoncammino». Ma sulle sorti del vecchio istituto di pena non aggiunge altro. «La cosa è molto semplice: devono essere gli enti locali a decidere cosa farne», taglia corto. Il sindaco Massimo Zedda annuisce: «È un posto obiettivamente meraviglioso, che non può essere stravolto dal punto di vista della sofferenza che ha conosciuto», osserva. «Quindi una parte dovrà raccontare la storia della detenzione, e magari dei detenuti che sono stati ospiti nel nostro carcere per le loro idee, uno tra tutti Emilio Lussu. La memoria va salvaguardata per le generazioni future».
La formula del botta e risposta, col tema centrale della legalità, sposta il dibattito dalle carceri al decoro urbano. «La legalità passa anche attraverso il rispetto della bellezza dei nostri monumenti», osserva il sindaco. «Penso alle scritte sulla Torre dell'Elefante o a quelle più recenti nel nuovo lungomare. L'arte nessuno la contesta, ma la gara tra due fessi a chi mette più firme sui muri della città è tutta un'altra cosa. Anzi, ne approfitto per invitare gli autori a impiegare meglio il loro tempo, magari frequentando qualche ragazza», ironizza.
Anche perché, conclude Zedda, per ripulire le facciate imbrattate «servono tante risorse, soldi sottratti alla comunità, all'università, alle politiche giovanili, e precludono la possibilità di fare una gita scolastica. Credo che questi gesti siano dovuti alla mancanza di un senso di appartenenza».
Sara Marci