Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quel segreto nelle lettere Tontoranelli e Giannetti, due cuori inquieti

Fonte: L'Unione Sarda
15 febbraio 2016

Prime teatro “Le ferite del vento”, testo di Rubio, in scena al Massimo di cagliari

 

 

 

R ischiosa impresa, cercar la verità. Specie se è quella, spinosa, di un padre mal conosciuto. È incentrato su questo desiderio di far luce e sugli insondabili risvolti dell'animo umano, l'atto unico di Juan Carlos Rubio allestito da Sardegna Teatro alla sala M2 del Teatro Massimo di Cagliari.
Le ferite del vento , in cartellone sino a domenica, si apre con un rumore di fronde sulle scene essenziali di Sabrina Cuccu. Elementi geometrici rossi, a contrastare il nero delle quinte, per uno spettacolo - diretto da Francesco Brandi coadiuvato da Rosalba Ziccheddu - imperniato sul mistero di un pacchetto di lettere d'amore. Scoperte da un esterrefatto figlio dopo la morte dell'integerrimo genitore. Preso a martellate, il forziere chiuso a chiave rivela che la vita dell'avvocato meticoloso e algido è stata attraversata da una passione tumultuosa. Sconcerto dell'erede che non crede ai suoi occhi e soprattutto alle sue orecchie, nel momento in cui decide di parlare col mittente che è un uomo e si chiama Giovanni. Corrado Giannetti e Luigi Tontoranelli intepretano con maestria i ruoli del figlio allibito e del presunto amante. Il punto, nel testo del drammaturgo spagnolo, è se sia possibile un conteggio dell'amore. Quello negato e quello elargito. Quello lecito e quello furtivo. I due attori alternano leggerezza ed emozione, nel rappresentare il contrasto tra un giovane che ha avuto poche carezze e un quasi anziano disincantato e forse altrettanto deluso dal defunto collezionista di francobolli e vecchi dischi. Prima diffidenti, poi quasi complici, in una schermaglia che potrebbe diventare ridicola se cadesse negli stereotipi del gay versus etero. Ed è invece condotta con misura e ritmo dai protagonisti e da una regia ben calibrata. Basta un cambio di giacca, a Corrado Giannetti, per tornare a essere un architetto distolto dai suoi progetti dalla richiesta dei fratelli di mettere ordine nelle carte del deceduto. Col velluto addosso è in grado di ragionare meglio sul mistero delle epistole. Luigi Tontoranelli per fortuna si toglie quasi subito il caftano dannunziano poco adatto a un ex maestro. Panni che funzionano da maschere, per proteggere due cuori inquieti. Nature che si disvelano a poco a poco, fino a un epilogo improntato all'indulgenza. Occorre accettare anche ciò che non si capisce, suggerisce l'autore.
Alessandra Menesini