Rassegna Stampa

web cagliaripad.it

Nonno Pietro, sopravvissuto a 3 lager

Fonte: web cagliaripad.it
28 gennaio 2016

 

Ha snodato il lungo filo di ricordi per mantenere viva la memoria in eterno. Quella di suo nonno, Pietro Zuddas, internato tra il 1944 e il '45 nei campi di Hersbruck, Flossenburg e Dachau

 

Ha snodato il lungo filo di ricordi per mantenere viva la memoria in eterno. Quella di suo nonno, Pietro Zuddas, internato tra il 1944 e il '45 nei campi di Hersbruck, Flossenburg e Dachau. E' un delicato omaggio quello che Valentina Zuddas, cagliaritana di 30 anni, addetta alla comunicazione, ha voluto dedicargli.
Sopravvissuto a tre campi di concentramento, solo dopo 50 anni di silenzio, per paura di non essere creduto, decise di raccontare. Ha lasciato anche una decina di pagine intensissime, inedite, che Valentina ha deciso di rendere pubbliche. E che ora rivivono nel progetto #noicicrediamo, un video di 13 minuti da oggi sul web in occasione della Giornata della Memoria.
Lo ha realizzato assieme ad altri 24 attori e ballerini della compagnia teatrale cagliaritana EllioT in cui, attraverso la voce dei ragazzi, la storia di nonno Pietro viene rievocata con vivida memoria e commozione. "Avevo vent'anni e solo allora mi accorgevo di quello che stavo perdendo: la radice più grande dell'albero, e le coordinate verso quelle profondità dove aveva nascosto gli anni della deportazione", racconta Valentina.
Il pensiero va a quel giovanissimo militare cagliaritano disertore in cerca di un futuro migliore dalla guerra e dagli orrori del fascismo. Sopravvissuto tornò a Cagliari, si sposò, ebbe otto figli. La sua storia resiste dentro le memorie. "Ci sono due vicende alle quali sono particolarmente legata - prosegue - durante l'incarcerazione a San Vittore mancò per un soffio la fucilazione in Piazzale Loreto dell'agosto del 1944.
Quando arrivarono nella sua cella, infatti, avevano già raggiunto il numero di persone deciso per l'esecuzione. La seconda è ambientata nei freddi anfratti delle baracche durante la deportazione: la visione di lui, divorato dai pidocchi mentre cerca di conservare per il giorno dopo quel piccolo pezzo di pane, senza riuscirci, è l'emblema dell'attaccamento alla vita e del potere della speranza".
Non è stato facile per Valentina rievocare questa storia. "Lo devo a mio nonno, ma anche a tutte le vittime della Shoah e a quanti hanno sofferto la tragedia della deportazione, la storia di nonno Pietro scorre nelle mie vene con malinconico dolore".
Valentina ha deciso di affrontare questo lavoro "con la responsabilità di chi è nata grazie al coraggio di una persona, alla sua voglia di vivere, di rivedere Cagliari e di riabbracciare la famiglia. La sua sofferenza è un'eredità che mi scorre dentro, un ricordo mai vissuto ma in qualche modo trasmesso. E la parola, la memoria, crea uno sfiato, un'espiazione di quel dolore atroce che attraverso chi fruisce delle sue memorie non può che diventare volontà di pace".