Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Lo Stato restituisce 600 milioni all’isola

Fonte: La Nuova Sardegna
14 dicembre 2015


Chiuso l’accordo con il governo: gli arretrati saranno erogati in quattro rate. Dal 2016 alla Regione 130 milioni all’anno
 

CAGLIARI. Su un euro di entrate erariali, settanta centesimi resteranno in Sardegna. In cifre: nella tesoreria della Regione finiranno 130 milioni in più all’anno e dopo quello che il governatore Francesco Pigliaru ha definito «un confronto durissimo» con gli interlocutori statali, nelle tasche dell’amministrazione arriveranno anche i 594 milioni maturati tra il 2000 e il 2015, oltre ai 300 già versati lo scorso marzo. Il governo pagherà in quattro rate annuali da 150 milioni. Era tutto già scritto all’articolo 8 dello Statuto sardo, ma perché Roma riconoscesse questo lucroso diritto c’è voluta una trattativa durata quasi dieci anni, aperta dal governo Soru e conclusa da quello in carica. Con una presenza comune alle due giunte, quella di Pigliaru: nel 2004 era assessore al bilancio e finanze, ora è presidente. «Questa storia è durata fin troppo» ha osservato il capo dell’esecutivo regionale. Adesso però la missione contenuta nella vertenza entrate sembra davvero compiuta: la commissione paritetica presieduta dal deputato Francesco Sanna ha chiuso un accordo benedetto anche dal Mef, il ministero dell’economia e delle finanze. Tecnicamente si chiama «schema di decreto legislativo per l’attuazione dell’articolo 8 dello Statuto sardo», non altro - Pigliaru e l’assessore al bilancio Raffaele Paci ne sono certi - che un testo normativo definito utile a blindare da qui all’eternità variabile della politica i rapporti finanziari tra la Sardegna e lo Stato. Perché la Regione possa mettere a bilancio i nuovi incassi mancano tre passaggi tecnici che assomigliano a formalità: prima l’esame della giunta, che a occhio e croce non dovrebbe bocciare se stessa. Subito dopo il Consiglio regionale («su questo risultato mi aspetto l’unanimità», ha sorriso Pigliaru) e infine il Consiglio dei ministri, dove il parere del Mef avrà l’affetto di un lasciapassare: «Potrebbe essere il regalo di Natale per i sardi - ha scherzato Paci - ma a questo punto una settimana in più o in meno ha poca importanza, va bene anche come Befana». Resta un punto interrogativo, ma riguarda solo un eventuale aumento delle entrate: secondo Francesco Sanna - comparso per mezz’ora alla conferenza stampa di ieri mattina - la tassazione dei giochi autorizzati, un’entrata destinata all’Erario, salirà dal 2,5% al 17%. Siccome il 70 per cento del prelievo d’ora in poi resterà in Sardegna, sarebbero altri soldi da mettere in cassa. Un’incognita c’è: l’evento eccezionale, come un terremoto o un’altra calamità. In quel caso lo Stato potrà trattenere una parte della quota sarda delle entrate per finanziare interventi di assoluta urgenza. È sempre avvenuto, dagli aumenti della benzina alle una tantum. Cambierà solo la forma. Fin qui il dettaglio delle notizie. Pigliaru però, senza scivolare nei trionfalismi, ha voluto ricostruire le fasi di una trattativa che poteva finire anche diversamente: «L’accordo raggiunto è basato sulla realtà - ha spiegato il governatore - ma purtroppo non sempre ciò che è dovuto viene riconosciuto appieno». Qui c’erano in ballo letture alternative dello Statuto speciale, disatteso in una parte fondamentale, insieme all’ovvia resistenza dello Stato ad aprire i cordoni della borsa: «Nella fase finale del negoziato - ha ricordato Pigliaru – ci è venuta in soccorso anche una sentenza favorevole della Corte Costituzionale. Per noi era tutto chiaro, ma è innegabile che quella decisione ci abbia aiutato a chiudere». Fra gli ostacoli, il problema degli arretrati: «All’inizio non volevano darci

un soldo e far partire le nuove entrate dal 2016 - hanno raccontato Pigliaru e Paci - poi pian piano siamo riusciti a spuntarla. Ma l’ipotesi era di rateizzare in quindici anni.Non esiste, abbiamo tenuto duro e alla fine è venuta fuori una soluzione accettabile».