Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Un tuffo da duecento euro

Fonte: L'Unione Sarda
24 agosto 2015

Sotto il faro di Calamosca un tratto di spiaggia interdetto alla balneazione

Gli assidui: «Le multe? Continueremo a venire qui»

Forse è colpa di quelle nuvole che non invogliano ad andare. O, molto più probabilmente, è la paura delle multe. Qualunque sia la ragione, ieri solo quattro i bagnanti che hanno scelto quel tratto del litorale cagliaritano per trascorrere la giornata festiva. Una lingua di sabbia, a dire il vero, che non era molto frequentata quando non vigeva alcun divieto. Tanto sconosciuta che non ha neanche un nome: qualcuno la chiama “spiaggia sotto il faro”, un bontempone l'ha battezzata “Cala moscerino”. Facile intuire la ragione: sembra la versione in scala ridotta della vicina Calamosca.
IL LUOGO Un luogo che può essere raggiunto proprio dal piazzale omonimo: imboccata la strada sterrata sulla destra, si superano le transenne e, puntando verso le due villette affacciate sul mare, si scende verso l'arenile. All'improvviso compare una spiaggetta che, poseidonie portate dalle maree a parte, risulta particolarmente attraente. Solo che per scoprire questo piccolo gioiello bisogna sfidare la sorte: quel tratto di litorale è interdetto alla balneazione. Un divieto che viene fatto rispettare dagli agenti della sezione nautica della Municipale che mettono a segno un blitz e sanzionano i trasgressori. Una giornata al mare finisce con il costare 250 euro.
I FREQUENTATORI Fatto che, naturalmente, fa infuriare gli aficionados. Giampaolo Sechi, 52 anni, è il “sindaco” della spiaggetta: arriva di primo mattino e lascia la sua postazione quando il sole si nasconde dietro la collina; la sua abbronzatura spiega più di mille parole il legame quasi morboso con quella spiaggia. «Vengo qui», racconta, «da 27 anni e posso garantirvi che non c'è mai stato il benché minimo pericolo». La chiusura della spiaggia risale all'amministrazione Floris: provvedimento quasi obbligata perché, nel tratto immediatamente successivo a Calamosca, ci furono crolli (che, per altro, proseguono). «E trovo giustissimo che quella zona venga interdetta. Noi, invece, veniamo in un punto in cui non c'è alcun pericolo. D'altronde, sopra le nostre teste ci sono due villette: sarebbero state sgomberate se la situazione non fosse tranquilla». Non solo. «Perché nella zona interdetta alla balneazione, vengano autorizzate gare di mountain bike?».
LE PROTESTE Sechi resiste. E, insieme a lui, gli amici di una vita. Andrea Lai, per esempio. «La cosa che dà maggiormente fastidio sono i blitz che vengono fatti in questa spiaggia. Che senso ha multare noi e non preoccuparsi, invece, di chi si sistema in luoghi realmente pericolosi?». Loro non si rassegnano. Attuano una forma di protesta non violenta: stanno in spiaggia, sempre attenti a chi arriva. E, se si presentano gli agenti della Municipale, vanno via. Più avanti, nella scogliera chiamata “Cala Gay”, la situazione non è diversa. «Anzi, qualcuno ha già collezionato dodici multe», racconta Sechi.
LA CALETTA Loro non si rassegnano. Ma, ormai, sono rimasti solo loro. «Quando arriva qualche turista», spiegano, «lo avvertiamo del pericolo. E, in tanti, davanti al rischio di una multa salata, se ne va prima di stendere il telo sulla sabbia». Bei tempi quelli nei quali non esistevano divieti. «Sino a qualche anno fa, questa era un'oasi di pace: venivano tante ragazze perché sapevano di essere al sicuro». Certo, in passato, qualche personaggio poco raccomandabile è passato a quelle latitudini. «A distanza di qualche anno l'uno dall'altro, si sono presentati due uomini che, in qualche modo, molestavano le donne che venivano qui. Siamo riusciti a cacciarli via perché, in questa spiaggetta, vigeva una sola regola: tutti devono stare tranquilli, nessuna presenza estranea deve disturbare la serenità dei frequentatori». Una regola, purtroppo per gli aficionados, che non vale per i vigili urbani.
Marcello Cocco