Rassegna Stampa

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La triste verità di “Voyager” sulla Sardegna, nonostante i puristi dell’archeologia

Fonte: web Ad Maiora Media
29 luglio 2015

(Alessandro Zorco)

VoyagerIn due ore di trasmissione su Rai 2 il buon Roberto Giacobbo è sicuramente riuscito a promuovere la Sardegna più di quanto la Regione sarda sia riuscita a fare in oltre sessant’anni di storia dell’autonomia. Nonostante le risatine e le prese in giro dei tanti puristi dell’archeologia, la puntata monografica di Voyager dedicata alla nostra regione ha raccontato una Sardegna diversa dagli stereotipi abituali. Con il suo stile inconfondibile tra scienza e sensazionalismo, ha provato a raccontare i tanti misteri della Sardegna: menhir, ziqqurat di Monte d’Accoddi, Giganti di Mont’e Prama, tombe dei giganti sono stati inseriti nel calderone, ben shakerati con le teorie su Atlantide di Sergio Frau, mischiati a Tonino il re di Tavolara e alle caprette dai denti d’oro dovuti alla dieta a base di elicriso. Infine, uniti alle battaglie navali di Domenico Millelire a La Maddalena, alla casa di Garibaldi a Caprera, agli angeli diventati neri perché i colori dell’affresco oristanese si sono ossidati per via del tempo e ai pipistrelli e alle blatte dei cunicoli dell’Anfiteatro romano di Cagliari.

Non so cosa si aspettassero i puristi dell’archeologia isolana da questa puntata di Voyager. Eppure ieri, pur con qualche incursione nel Kezzenger di crozziana memoria, gli spettatori italiani hanno avuto la possibilità di conoscere una Sardegna che, oltre al sole, al mare e alle spiagge, è in grado di offrire ai turisti anche il fascino di una storia millenaria. Ma purtroppo, vuoi per incapacità vuoi per scarsa lungimiranza degli addetti ai lavori, non riesce a valorizzare nel modo migliore le sue enormi risorse archeologiche. Kezzenger, la parodia di Voyager fatta da Crozza, farebbe pensare a un programma che spara un numero esorbitante di fandonie. Non sono d’accordo. Ieri sera Voyager ha messo in luce una grande verità sulla Sardegna.

Le immagini che scorrevano sul video hanno infatti evidenziato impietosamente che in Sardegna le testimonianze archeologiche e i reperti storici tra i più antichi dell’area Mediterranea non sono valorizzati a dovere e versano quasi in uno stato di abbandono. Lo stesso Giacobbo non ha potuto non fare un paragone tra la Sardegna e la gettonatissima Stonehenge. I puristi dell’archeologia hanno sicuramente storto il naso perchè probabilmente la località inglese non c’entra nulla con la Sardegna. Può essere vero. Eppure Stonehenge è diventata l’attrazione turistica che tutti conosciamo perché gli inglesi, con gru e ruspe, nel corso del Novecento hanno risistemato a regola d’arte i vecchi menhir e sono riusciti a creare quel sito affascinante e pieno di mistero che ogni anno attira circa un milione di turisti provenienti da ogni parte del mondo.

La vera domanda posta ieri da Voyager è dunque questa: perchè la Sardegna non riesce a puntare con decisione sulla sua storia e sulla sua archeologia? Per questo, al netto del miscuglio di teorie più o meno attendibili, la puntata di Voyager può suscitare qualche costruttiva riflessione. Sulla nostra abitudine di lagnarci sempre e criticare senza far nulla per migliorare le cose, ad esempio. Sulla Sardegna individualista che preferisce andare in fallimento e vedere il vicino soccombere piuttosto che cooperare e perseguire il bene comune. Sulla Sardegna delle invidie e delle gelosie che fanno andare in malora un patrimonio e una storia millenaria. Ma soprattutto suscita qualche riflessione su una classe politica che da anni pietisce soldi statali ed europei ma poi li spreca perchè non riesce mai a creare validi progetti di sviluppo e posti di lavoro. Che chiede assistenza ma non fa nulla per essere autonoma e valorizzare l’enorme patrimonio che ha a disposizione. L’autonomia di una terra non si costruisce con le parole vuote o con un nuovo partito identitario identico agli altri. Si costruisce con la cooperazione, con la lungimiranza e con le scelte concrete. Fatte non per il proprio interesse egoistico ma per il bene della collettività.