Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Quell'ingegnere visionario

Fonte: L'Unione Sarda
9 luglio 2015

Il ricordo dell'urbanista che varò il piano regolatore con l'Asse mediano e La Palma

Cinquant'anni fa Enrico Mandolesi disegnò la città del futuro

Tra il 1955 e il '70 cambiò l'approccio dell'Università nei confronti dell'urbanistica e dell'architettura. Ieri, a pochi giorni dalla scomparsa, il mondo accademico ha ricordato l'ingegner Enrico Mandolesi: i suoi principali allievi e collaboratori si sono ritrovati per rendere omaggio a una figura che ha condizionato in positivo il modo di pensare di migliaia di studenti, ma non solo: nel 1965 ha dato vita al piano regolatore che ha disegnato l'allora futuro di Cagliari. «Un lavoro tanto innovativo da essere ancora fortemente attuale», ricorda l'ex rettore Pasquale Mistretta.
L'URBANISTA Sono tante le tracce lasciate da Mandolesi in città, grazie a una visione illuminata che andava oltre i numeri e i calcoli: «Dopo il buio del biennio, ha portato la luce all'Università con un colpo di frusta: ci parlava di umanesimo, arte e dialettica», ricordano gli ex allievi. L'incontro, al quale ha partecipato anche il rettore Maria Del Zompo, si è tenuto nell'aula magna del Rettorato di via Università. «Il suo piano regolatore è stato applicato nella quasi totalità e ha subito pochissime modifiche: già dal '60 ha introdotto standard urbanistici per le quote di verde, servizi e parcheggi che solo dopo anni sono diventati obbligatori per legge», spiega Mistretta, «Dobbiamo a lui la salvaguardia del Molentargius: al tempo non c'era grande sensibilità e si voleva prosciugare lo stagno per proseguire l'espansione della città verso Quartu, ma lui sapeva che patrimonio andava a tutelare».
L'ASSE MEDIANO Su quel fronte della città, un'altra grande intuizione è l'Asse mediano di scorrimento: fu lui a ideare un'arteria in grado di ospitare il traffico di passaggio e creare collegamenti che dal centro arrivassero verso Sestu e Oristano. Suoi anche, tra i tanti interventi, il piano particolareggiato del centro storico, il grande padiglione della facoltà di Ingegneria, il Palaboxe di Monte Mixi, l'edilizia popolare a La Palma e la sopraelevazione con ristrutturazione di Magistero.
GLI EX STUDENTI «Quando è arrivato qui, nel 1955, c'erano ancora le grandi ferite della guerra e Cagliari doveva essere ricostruita», ricorda Carlo Aymerich: «Studiavamo materie astratte e difficili, poi era arrivato lui a spiegarci che un edificio può non essere simmetrico e rispettare gli ordini, che l'architettura è cultura». Tra i tanti ricordi dei quindici anni trascorsi da Enrico Mandolesi a Cagliari, c'è lo stretto contatto che aveva con i suoi studenti. «Arrivò a Cagliari a 31 anni da libero docente e dal lunedì al venerdì viveva qui. In questo modo ha potuto conoscere al meglio Cagliari», aggiunge Mistretta: «Pizze, chiacchierate, cinema e musica: condividevamo molto tempo con lui e questo ci ha aiutati molto».
IL RICORDO Ha un ottimo ricordo di Mandolesi anche il direttore del Dicaar, dipartimento Ingegneria civile, ambientale e architettura: «L'ho conosciuto quando uscivo dal tunnel del biennio e lui mi ha acceso la luce», racconta Antonello Sanna: «Noi facevamo le volute e lui ci parlava di modernizzazione, di arte, cinema e culture umanistiche, ci ha portati in una dimensione contemporanea». È «profondamente mandolesiano» anche il professore Antonio Tramontin: «Aveva carisma, fascino e metodo: pendevamo dalle sue labbra, mi ha trasmesso anche la passione per il jazz e il cinema neorealista, così come la sua ossessiva ricerca del particolare costruttivo». Gianfranco Carrara, considerato il delfino di Mandolesi, ne ricorda la capacità di intuire il futuro: «Capiva subito in che direzione andava l'architettura e riusciva sempre ad anticipare i tempi. Come persona era molto “teatrale”: amava creare il palcoscenico in qualunque contesto grazie al fatto che aveva recitato in teatro, anche al fianco di Alberto Sordi ai tempi dell'avanspettacolo».
Marcello Zasso