Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La sfida delle coop sociali

Fonte: L'Unione Sarda
6 marzo 2009


Dentro il mercato a sostegno dei più deboli

Sono oltre quattromila i soci delle 240 cooperative sociali che in Sardegna forniscono servizi ad anziani, pazienti psichiatrici, diversamente abili. Quasi tremila aderiscono alle 135 imprese di Legacoop
di Giancarlo Ghirra
I parenti più ricchi si occupano di edilizia, industrie, agricoltura. Ma fra i 95mila e duecento soci della Lega delle cooperative in Sardegna ci sono anche uomini, e soprattutto donne, impegnati sul fronte del disagio. Sono quasi tremila i soci e i dipendenti delle 135 imprese di Legacoopsociali che ogni giorno si occupano di assistenza agli anziani, ai diversamente abili, a pazienti affetti da malattie psichiatriche.
E nuove frontiere si sono aperte per chi si occupa del reinserimento sociale degli ex detenuti, di tossici, alcolisti, e di quelli che Franco Basaglia, il protagonista delle chiusura dei manicomi, chiamava matti. Fra le 240 cooperative sociali della Sardegna Legacoop ne conta 135, con 2350 soci e 2950 addetti. «Nel 2007 queste imprese- racconta Enzo Porcu, responsabile regionale di Legacoopsociali - hanno consolidato un valore di produzione di ottanta milioni di euro, ma è possibile un forte ampliamento di questa cifra. L'importante è saper innovare, modernizzarsi puntando su settori difficili e accettando il confronto con il mercato».
Il bilancio di un'attività che vive i giorni duri della crisi della finanza e dell'economia viene fatto a Cagliari nel corso dell'assemblea regionale dei cooperatori sociali aderenti alla Lega. Si capisce subito che i problemi non mancano nell'intero settore anche dalla scarsa affluenza all'assemblea voluta dai gruppi dirigenti anche per far conoscere il nuovo sito web di Legacoopsociali , illustrato da Andrea Piano.
Non sono tanti i presenti. Fra loro domina uno spirito di contestazione, soprattutto nei confronti delle amministrazioni pubbliche in perenne ritardo sui pagamenti. Se sono vere le critiche che rimbalzano negli interventi, non c'è da dar torto ai cooperatori che puntano il dito su Aziende sanitarie e Comuni, colpevoli di pagare con colpevole ritardo rette e tariffe a coop che forniscono servizi essenziali. Giampietro Citzia dirige a Ghilarza la cooperativa L'Arca , sette soci e quattordici operatori che si occupano di quattordici pazienti psichiatrici. «L'attività ci piace molto - spiega alla platea Citzia- e non manca il nostro impegno anche per pazienti affetti da gravi disturbi. Ma vi sembra giusto che le rette vengano pagate anche con sei, otto mesi di ritardo e noi dobbiamo rivolgerci alle famiglie per pagare elettricità e gas? Vi sembra giusto che gli stipendi non siano regolari?»
Le difficoltà non mancano, insomma, per i soci e per i dipendenti. Ma nonostante tutto, l'aria che si respira è improntata all'ottimismo del fare. Un ottimismo che viene sparso a piene mani dalla visione di un film interpretato da Claudio Bisio ( Si può fare ) presentato nei locali del cinema Odissea dove si è svolta anche l'assemblea, dallo sceneggiatore Fabio Bonifacci e dagli attori Pietro Ragusa e Toni D'Agostino. È un film del 2008 che racconta l'esperienza di una cooperativa di ex pazienti di ospedali psichiatrici. Diretto da Giulio Manfredonia, ha avuto un grande successo. La sua visione riesce a caricare di entusiasmo quanti operano in un settore molto difficile, quello del reinserimento lavoratori degli ex pazienti psichiatrici. La vicenda si rifà in gran parte (anche se ovviamente con una forte dose di finzione cinematografica) all'esperienza di una cooperativa di Pordenone, la Noncello , fra le prime in Italia a impegnarsi nel recupero. Oggi quella cooperativa, presieduta da Vallì Bomben, ha qualcosa come 700 soci, «ma ogni giorno -spiega la direttrice - la nostra è una guerra per trovare lavoro. E non parlo soltanto di quelli che Basaglia chiamava matti, ma degli ex detenuti, degli alcolisti, dei tossici. È durissimo inventarsi ogni giorno un'occupazione».
Anche in Sardegna - come sostiene il presidente regionale di Legacoop Antonio Carta - il nodo è passare dall'assistenza al mercato. Il nodo è inventarsi il lavoro. «Non è semplice in una terra dove la disoccupazione e il precariato sono una vera e propria piaga - dice Elisabetta Caschili - ma bisogna provarci».
Nate intorno agli Anni Settanta in alcune aree del Nord Italia, soprattutto in Lombardia, le cooperative sociali sono decollate anche in Sardegna un decennio dopo. «E ora l'Isola è fra le regioni più dinamiche in Italia», spiega Sergio D'Angelo, vicepresidente nazionale di Legacoopsociali .
La loro crescita è stata in gran parte stimolata dalla decisione di Comuni, Province, Regioni di esternalizzare servizi sociali, sanitari, educativi. Si cominciò in particolare con l'assistenza domiciliare agli anziani, poi via via l'offerta di servizi è stata stimolata anche da associazioni di cittadini impegnati a dare risposta a esigenze nuove, quali il sostegno ai pazienti psichiatrici. Gisella Trincas, presidente nazionale dell'Unione delle associazioni per la salute mentale ha portato ieri la testimonianza del ruolo giocato dai familiari nell'attuazione delle riforma voluta da Franco Basaglia.
E ancora molto resta da fare, ad esempio nel sostegno ai giovani carcerati, soprattutto a quelli affetti da probemli psichiatrici: un'emergenza nell'emergenza della quale ha parlato Giuseppe Zoccheddu, direttore del carcere minorile di Quartucciu.
Non mancano in realtà i terreni su cui impegnarsi per le cooperative sociali, nate in nome dell'assistenza ma ora sempre più obbligate, anche dalle logiche finanziarie e di mercato, a inventarsi nuovi lavori. Tutto ciò in un clima reso difficile da una pubblica amministrazione nei fatti ostile alle cooperative: «Troppo spesso veniamo come semplici fornitori, e neppure privilegiati - polemizza Enzo Porcu - da poteri pubblici che ci hanno penalizzato con tariffe basse e infliggono colpi durissimi all'equilibrio finanziario ed economico delle nostre imprese con il crescente ritardo nei tempi di pagamento. Non lo dico per spirito di lamentazione, ma perché la carenza di risorse impedisce a molte cooperative di modernizzarsi e qualificare ancora meglio la propria attività, essenziale se si vogliono garantire servizi avanzati ai più disagiati».

06/03/2009