Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Le «Campane» di Poe e Rachmaninov, al Comunale la rilettura di Vedernikov

Fonte: La Nuova Sardegna
5 marzo 2009

GIOVEDÌ, 05 MARZO 2009

Pagina 37 - Cultura e Spettacoli






GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Protagonista assoluto venerdì scorso, nel tredicesimo appuntamento con la Stagione concertistica del Lirico, è stato il direttore russo Alexander Vedernikov. Già sul podio del Comunale l’anno passato per «La leggenda della città invisibile di Kitez» di Rimiskij-Korsakov, inaugurerà la nuova stagione il 22 aprile con «Semën Kotko» di Sergej Prokofiev. Erano russi pure i due compositori della recente esibizione, che prevedeva infatti la «Marcia slava» op.31 di Pëtr Il’ic Ciajkovskij, la «Rapsodia sopra un tema di Paganini, per pianoforte e orchestra» op.43 di Sergej Rachmaninov, con Alexei Volodin nel ruolo di solista e poi, sempre di Rachmaninov, «Le campane - Cantata per soli, coro ed orchestra» op.35. Quest’ultima, forse punta di diamante dell’intero concerto, ha coinvolto insieme all’Orchestra anche il Coro del Lirico preparato da Fulvio Fogliazza, nonché i solisti Yekaterina Shcherbachenko (soprano), Maxim Pastér (tenore) e Vadim Lynkovskiy (basso). Una pagina affascinante ed egregiamente diretta da Vedernikov, che riconferma come spesso i musicisti russi siano i migliori nell’interpretare e capire profondamente la loro musica. Cosa non irrilevante soprattutto nelle «Campane», dove la scrittura orchestrale di Rachmaninov, altrove smaccatamente patinata, qui risulta invece più originale sia sotto l’aspetto armonico che quello timbrico. Vedernikov è di una precisione estrema, la si può cogliere perfino nei gesti chironomici, nel modo in cui conduce l’orchestra attraverso la sua lettura personale, meticolosa e illuminante. I quattro tempi in cui è scandita questa “sinfonia corale” rispecchiano perfettamente la suddivisione in altrettante parti di «The Bells», poesia di Edgar Allan Poe giunta sul tavolo di Rachmaninov da un’ignota ammiratrice. Tradotta in russo dal poeta simbolista Konstantin Bal’mont, la lirica è pregna di metafore ed allegorie di cui la musica stessa a suo modo si fa carico. Fatalista com’era, Rachamninov non poteva certo restare sordo al fascino di queste immagini, all’intrigante simbolismo dei vari tipi di rintocco: le campanelle tintinnanti delle slitte, il giubilo festoso delle dorate campane nuziali, l’atmosfera macabra e misteriosa di quelle bronzee, ed infine il lugubre suono della campana ferrea da funerale. Chiaramente ognuna evoca un’età diversa della vita umana. La campana, insomma, come un “tema con variazioni”. Così come l’altro brano di Rachmaninov, la «Rapsodia su un tema di Paganini»: ottima esecuzione, non solo per la raffinata perizia di Vedernikov negli impasti orchestrali, fuoriclasse nell’ottenere variegatura timbrica, ma anche per l’eccellente prova del pianista Volodin che, al di là dei numerosi passaggi virtuosistici, rapisce soprattutto nelle variazioni centrali, le più malinconiche e trasognate, per il suo tocco paradossalmente morbido ma deciso.