Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

I limiti di Iorio e il timone di Mansur

Fonte: La Nuova Sardegna
11 maggio 2015

  Teatro Lirico

 


Comunale, cercasi urgentemente guida di rilievo per l’orchestra

 

 


di Gabriele Balloi

CAGLIARI Fra meno di due settimane, al Lirico, si chiude la prima tranche di Stagione sinfonica. Non sappiamo cosa seguirà, come e quando, da qui alla fine dell’anno. Se vi saranno cambiamenti di rotta nella programmazione. O se verrà imbastito altro metà calendario pressoché disorganico e privo d’appeal. Intanto, con gli ultimi concerti, niente di nuovo sul fronte occidentale. Se non l’orchestra riportata più vicino al pubblico. Dunque, vantaggio acustico. Amplificante non poco l’assaporare appieno il suono della compagine. Il che, però, risalta maggiormente anche ogni eventuale difetto. Un Donato Renzetti, se non avesse dato forfait, probabilmente avrebbe esaltato a dovere le potenzialità dell’orchestra. Al suo posto c’era Damian Iorio. Già un anno fa, in sostituzione di Daniel Oren, non convinse del tutto. E a ben considerare, i limiti paiono ancora gli stessi. Livelli di dinamica appena abbozzati, le varie famiglie strumentali troppo spesso sul medesimo piano sonoro, poca personalità nel fraseggio. Cosicché una «Seconda Sinfonia» di Ciajkovskij rimane appiattita dall’assenza di vere forcelle dinamiche, banalizzata da eccessivi, facili clangori, da incoerenze coi tempi staccati (nel II° movimento si tira indietro, nel III° un po’ in avanti). Similmente, nella Sinfonia n.9 “ Dal Nuovo Mondo” di Dvorák, se si esclude qualche oasi d’affabile malinconia nel «Largo» o durante l’«Allegro molto» iniziale, l’esecuzione risente talvolta di “attacchi” un po’ pachidermici (gli ottoni in primis), intere figurazioni ritmico-melodiche buttate via, dettagli contrappuntistici trascurati, sbavature d’intonazione. Insomma, è chiaro che stia mancando da tempo all’orchestra una guida di rilievo. Pure la settimana scorsa, il direttore turco Cem Mansur perdeva talvolta il timone, dirigendo un tris beethoveniano. L’overture del «Fidelio» o l’«Ottava Sinfonia», avevano sì un’incandescente cavata di violoncelli e contrabbassi, intensa presenza di fiati, notevoli exploit in “ fortissimo”, ma scarseggiava la rifinitura di fraseggio, la cura del dettaglio. Così l’interpretazione del «Concerto per violino» di Alena Baeva che, pur con bei trilli, volatine ed alcuni notevoli “ pianissimo”, ovattati, evanescenti, quasi da sordina, per il resto pareva seguire svogliatamente il discorso musicale, trascurando respiri e articolazione delle frasi.