Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Tremila costumi

Fonte: L'Unione Sarda
4 maggio 2015


Tre secoli e mezzo di tradizione sfilano nel variopinto corteo

 

A piedi, sulle traccas, a cavallo

 


L a festa dei colori comincia al passaggio delle traccas. I carri trainati dai buoi e decorati con ricchissimi ornamenti di fiori, coperte ricamate e tappeti tessuti a mano, ospitano i primi gruppi in arrivo da tutta l'Isola per rendere omaggio a Sant'Efisio ed è proprio questo il momento che dà il via alla parte più folkloristica della processione. Un piccolo museo che si sposta lentamente per lasciarsi ammirare nel giorno della festa più grande.
Tre secoli e mezzo di tradizione sfilano dalle 10 del mattino negli abiti che rappresentano il passato della Sardegna. Oltre tremila devoti indossano con fierezza stoffe, ricami e gioielli che raccontano della creatività e insieme della spiritualità di un popolo, percorrono e piedi o a cavallo il tragitto lungo le vie della città. Migliaia di costumi parlano di usi e abitudini di una volta e offrono un panorama completo delle varie zone dell'Isola. Uno spettacolo di colori e di preziosi tesori di famiglia, diversi a seconda delle condizioni sociali.
I COSTUMI Ornamenti antichi, d'oro e d'argento, illuminano camicie candide e corsetti, scialli dai fili intrecciati avvolgono abiti custoditi scrupolosamente per centinaia di anni, tramandati da generazioni, sete, rasi e coralli. Quei costumi protagonisti fin dalla prima processione del 1657, quando venivano utilizzati per le grandi occasioni e, in alcuni casi, quotidianamente. Ma tinte forti e ricercate fanno parte solo del vestiario femminile. Per niente sgargianti sono gli abiti maschili che, salvo rare eccezioni, esibiscono il bianco e il nero. Sono le squadre dei miliziani a regalare quella sfumatura in più. Armati di archibugio e sciabola, regalano un inconfondibile tocco di rosso nella giubba e nel capello, l'oro nei bottoni.
TRA ALI DI FOLLA Dal grande piazzale dell'oratorio salesiano di viale San'Ignazio, si muove l'esercito di uomini, donne, bambini pronti a rendere omaggio al martire secondo un tragitto che si è consolidato nel 1956. Ad attenderli, due ali di folla pronta a filmare, fotografare, applaudire quei costumi, lo sfoggio di ineguagliabili gioielli indossati dalle donne di Quartu Sant'Elena e la ricchezza dei loro abiti o la semplicità in arrivo da Uta con una unica spilla appuntata sul fazzoletto che si chiude sul seno. Decenni di tradizione trasuda dalle vesti. Basta guardare i devoti in arrivo da Sanluri per capire che dietro quel costume interamente intagliato nel cuoio si cela una memoria contadina. I più fotografati? Insieme ai pescatori scalzi di Cabras, senza dubbio le donne e gli uomini in arrivo da Desulo e Tempio.
LE DONNE PROTAGONISTE La cuffietta più famosa, su cuguddu, riporta il giallo, il rosso, l'arancio e il blu cobalto dell'abito delle donne di Desulo che comprende il fazzoletto ricamato, su mucadore, sa camisa, la camicia di mussolina bianca, e il busto di seta finemente ricamata, su cippone (la giacca), la gonna e il grembiule, su saucciu. E la ricchezza sta tuta nei tessuti e nei colori: non ci sono monili a far brillare i costumi, solo i bottoni. Molto più semplice, ma sempre sgargiante, il completo degli uomini che in qualche caso prevede il gilet di pecora. Dei due costumi tipici di Tempio, quello rosso e quello nero, il secondo è senza dubbio quello più noto. Fatto di seta damascata con un candido pizzo, che incornicia interamente il volto mettendolo in risalto, trattenuto da una spilla di filigrana. È la gonna la vera protagonista: cappitta o faldetta cupaltata, può essere rovesciata fino a coprire la testa.
ORIGINALITÀ Ogni abito conservato e tirato fuori per questa grande occasione ha la sua particolarità. Basti pensare al grembiule a sacchetto delle donne di Sinnai, la ricca mantiglia rossa con i bordi di pizzo delle ragazze di Cagliari, la cascata di fiori negli scialli di Oliena, il gonnellino plissettato degli uomini di Ittiri e la fila di grandi bottoni del bolero delle donne, il busto strettissimo e il fiocco rosso a chiudere le camicie delle aritzesi fiere dei ricami del loro grembiule cosi come sono orgogliose le donne di Dolianova del deventali di broccato e del fazzoletto nero con i fiori vola che copre l'apertura della camicia.
A infondere maggior rigore, quando la parte della processione dal sapore folclorico cede il passo a quella più strettamente religiosa, sono i protagonisti che stanno attraversano il percorso poco prima del simulacro del Santo. L'austero e impeccabile abbigliamento del Terzo Guardiano che tiene alto lo stendardo dell'Arciconfraternita del Gonfalone. Cilindro, frac e fascia tricolore per l'Alter Nos che indossa il Toson d'oro (una copia perfetta dell'originale che resta custodito nella sala dei matrimoni di Palazzo Bacaredda), affiancato dai mazzieri con la giacca rossa e i pantaloni blu.
Grazia Pili