Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Domani Cagliari dedica la sua “festa grande” a tutti i migranti

Fonte: La Nuova Sardegna
30 aprile 2015

 


di GIULIO ANGIONI

Per Sant'Efisio, festa dedicata quest’anno ai migranti che hanno perso e perdono ogni giorno la vita nelle acque del mar Mediterraneo, un tempo la gente indossava un vestito nuovo, se poteva: i maschi almeno un capo di velluto e le femmine di più o almeno le scarpe di vernice. Era festa grande, era obbligo sfoggiare qualche cosa di nuovo, per fare onore al santo, ogni anno meglio. Non è rimasto solo questo delle usanze antiche, ma il vestirsi bene, il far vedere il meglio che ognuno può permettersi, per Sant’Efisio è diventata un'occasione di sfoggio per tutta la Sardegna. Così Sant'Efis negli ultimi decenni è diventata la festa sarda del costume antico. Coi verdi di Campidano, gli azzurri sulcitani, i rossi di Barbagia, i chiaroscuri di Gallura e dappertutto altre sorprese in panni, in ori, argenti, coralli e altri monili. Già per la festa grande un tempo dappertutto s'indossava l'abito migliore, e meglio ancora se l'abito era nuovo come il giorno delle nozze. Oggi in questo capoluogo di Sardegna l'uso si conserva trasformato in un'esibizione popolare, in sagra del costume, mostrando e ricordando come si presume che eravamo al meglio quando si faceva festa e perciò indossare il meglio era dovere e piacere. Sant'Efisio è anche altro, ma è un'occasione di ritrovo delle ville e delle città sarde che mostrano se stesse in una festa divenuta festa dei luoghi e delle genti isolane, la sagra delle sagre di Sardegna. A mano a mano che le fogge antiche si lasciavano a favore dell'abito borghese, a favore dell'anonimo grigio londinese e del taglio parigino, i vestiti sgargianti d'altri tempi tornano soprattutto a Sant'Efisio. E lo sfoggio dei vestiti d'altri tempi in processione mostra quanto fosse grande la varietà dei modi d'abbigliarsi in quest'isola che tutti pensavano severa, mentre è un punto d'onore venire a mostrarli a Sant’Efisio, i costumi vari dei paesi, dall'urbano quartiere di Stampace agli stazzi lontani di Gallura. Il primo maggio anche per questo fa turismo a Cagliari, prova generale dell''esibizione del meglio che si pensa sia bene mostrare al forestiero. Ed è quasi un'onta per un luogo sardo mancare l'occasione di mostrarsi alla sfilata dei costumi; o delle traccas, le roulottes antiche per uscire in scampagnata nelle sagre a primavera, oggi acconciati a piccoli musei di cose un tempo casalinghe: e se bisogna mostrare, si esibisce il raro e il bello, che si sa è questione di gusti e d'opinioni. Ma le fanciulle nei costumi antichi devono essere di quelle che non c'è chi non le guardi, sebbene in processione si sfili con modestia. E sono loro che spesso strappano l'applauso, loro che con sorrisi parchi ringraziano offrendo dolci d'una volta nei cestini di vimini, asfodelo, palma nana. A chi la vede per la prima volta, la sfilata di maggio può sembrare un carosello di fogge e di colori. Ma coi loro abiti a piedi o sulle traccas donne e uomini in costume, cavalieri e suonatori si mostrano sapendo di significare qualcosa. Lo sa il pescatore scalzo di Cabras, il miliziano a cavallo, il suonatore di launeddas. Magari è riconoscersi in un passato un po' mitico, ma che ogni sardo, che sfili o che vi assista, riconosce come proprio. Tutti hanno l'aria di divertirsi. Ed è questo che conta, non tanto le intenzioni promozionali del turismo e tanto meno l'esibire le cose sarde genuine di que-sto o di quest'altro paese. Questo sfilare interminabile per mostrarsi è la parte principale della sagra del martire soldato che il popolo considera patrono di Cagliari e dell’isola, a giudicare dal concorso e da quanti si chiamavano Efis, Efixeddu, Efisinu, Efixoni, Efisineddu, Efisio, Efisino, Efisietto.