Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Un simbolo della città rinata

Fonte: La Nuova Sardegna
25 febbraio 2009

MERCOLEDÌ, 25 FEBBRAIO 2009

Pagina 36 - Cultura e Spettacoli



La prima pietra poco dopo i bombardamenti del 1944. Ha ospitato Gigli, Callas e De Filippo




ANDREA MASSIDDA

CAGLIARI. La prima pietra la posero quando ancora nel resto d’Europa le città venivano rase al suolo. Correva l’anno 1944 e pochi mesi prima anche Cagliari aveva perso sotto i bombardamenti l’ultimo suo vero teatro, quello Civico nel quartiere di Castello. Poi, quando finalmente gli americani da nemici si trasformarono in liberatori, assieme alle jeep, le chewingum e lo swing al porto sbarcò una gran voglia di pace. E pace - almeno per una certa fascia di popolazione - significava anche avere denaro e tempo per godersi uno spettacolo. Morale: grazie a un gruppo di imprenditori, là dove anticamente c’era il vecchio Mulino Merello fu costruito il Teatro Massimo, modesto nell’architettura ma innegabilmente prezioso per la vita culturale della città. Non foss’altro perché nei quarant’anni successivi ospitò sul palcoscenico mostri sacri della lirica come Maria Callas e Beniamino Gigli, la regina del fado Amalia Rodriguez, i celebri musicisti Uto Ughi e Severino Gazzelloni o attori straordinari del calibro di Eduardo De Filippo e Vittorio Gassman. Per non parlare delle mitiche coppie Panelli-Stoppa e Albertazzi-Proclemer o, in campo jazz, dell’Art ensemble of Chicago di Lester Bowie e Don Moye. Fu insomma una lunga e gloriosa stagione che si concluse impietosamente nel gennaio dell’82, quando la Commissione di vigilanza sigillò gli ingressi a causa dell’impianto elettrico fuori norma. Un anno più tardi, per giunta, un incendio devastò la struttura mettendo fine a un’epoca d’oro che aveva proiettato Cagliari a livello delle città italiane più note per i loro teatri.
Ieri sera, dopo ventisette anni, il Massimo è stato restituito agli spettatori completamente rinnovato grazie a una spesa di 8 milioni di euro: soffitto con stelline luminose, platea elegantissima, galleria e sei logge per un totale di 738 comode poltroncine. Poi un palcoscenico di 270 metri quadrati e un boccascena grande 10 metri per 8. E questo per citare i numeri della sala principale, perché la più piccola conta soltanto 198 posti e sarà utilizzata per manifestazioni di minor richiamo. Una curiosità: durante i lavori di ristrutturazione - il nuovo progetto è stato firmato da Raffaello Argiolas - davanti agli occhi stupefatti degli operai sono venute alla luce ben nove cisterne risalenti all’epoca romana (quattro delle quali sotto il palcoscenico, una sul proscenio, una sul cortile interno, una sul retro della torre scenica e infine due sul viale Trento) poi persino lo sfiato di un antichissimo acquedotto. Ritrovamenti che - spiegano i responsabili dell’opera - grazie alla collaborazione con la sovraintendenza ai Beni Culturali sono stati ripuliti, protetti e in buona parte resi visibili con delle coperture in vetro.
Ma qual è la vera storia del Massimo? La vicenda di questo storico teatro è raccontata nel dettaglio in un sito internet del Comune, sul quale si ricorda che il progetto originario venne predisposto da due giovani architetti cagliaritani (Oddone Devoto ed Emilio Stefano Garau) e prevedeva la nascita del nuovo spazio culturale sulle mura di un vecchio mulino a vapore di proprietà della nota famiglia Merello, che mise in vendita la Sem (Società esercizio mulini) permettendo all’impresario teatrale Ivo Mazzei di realizzare per la città un nuovo e grandioso teatro. «Il progetto originario, infatti - spiegano dal Comune - non si limitava alla trasformazione totale del mulino, ma prevedeva, occupando una superficie complessiva di 7500 mq, anche la realizzazione di un cine-teatro all’aperto, immerso nel verde, in quella parte dell’isolato nota come Su Brughixeddu,che accoglieva la semoleria e gli stabilimenti dei Merello».
Il Cinegiardino fu costruito prima del grande teatro, in soli tre mesi. Per realizzarlo furono ingaggiati 326 operai che alla fine misero su «un’ariosa platea capace di ospitare 2.500 posti, contornata da palme, pini, querce, ficus, magnolie, oleandri e da un’infinità di vaschette floreali. Il tutto allestito in modo da consentire, non solo spettacoli cinematografici ma anche e soprattutto gli spettacoli lirici». Ma anche il Teatro Massimo vero e proprio venne tirato su a tempo di record. Le prime rappresentazioni furono un successo e oltre alle star già citate la struttura fu utilizzata come cinematografo per proiezioni di kolossal come «Ben Hur» e i «Dieci Comandamenti». Il successo fu tale che per un film di Macario vennero venduti diecimila biglietti e la fila degli spettatori per assistere allo spettacolo partiva da Piazza Yenne.